Dorotea, Silvia e Francesca – rispettivamente nonna, madre e figlia adolescente – sono le protagoniste dell’ultimo romanzo di Angela Giannitrapani, Nella casa accanto (Progedit, 2023, pp.160, 15 euro), pluripremiato e già candidato all’ultima edizione del Premio Strega. Quella dell’autrice marsalese non è però l’ennesima storia genericamente ‘al femminile’, con tanto di didascalie moraleggianti e fervore attivistico, né un nuovo titolo di quella narrativa familistica e confessionale dedicata alle madri, che da qualche tempo anima la scena letteraria italiana, con esiti non sempre del tutto rilevanti. Pur rivendicando nei tratti caratteriali una loro tangibile specificità femminile, infatti, le tre figure di questo libro danno voce e corpo a un profilo familiare e intergenerazionale che va ben oltre qualsivoglia prospettiva di genere, e che potrebbe comunque (anche se con sfumature, forse, diverse) essere declinata pacificamente al maschile.
Attraverso una scrittura sorvegliatissima e al contempo disarmata, uno sguardo tanto lucido quanto poco giudicante e una struttura narrativa polifonica, Angela Giannitrapani affida completamente alla prima persona e allo scandaglio introspettivo delle tre protagoniste il racconto sequenziale di altrettante generazioni di fronte alla scabrosa evidenza del tempo che passa, alla scoperta e al progressivo avanzare della malattia della nonna e al tema dell’accudimento da parte della figlia e della nipote.
“La mia vita scorre come la fioritura di questo hibiscus: – dice a un certo punto Dorotea, forse il personaggio paradigmatico del romanzo, pensando alla inesorabile precarietà degli affetti, quasi a presentire le prime avvisaglie della malattia degenerativa – i fiori sbocciano all’alba e cadono al tramonto. Durano un solo giorno. Quanti ne sbocciano tanti ne cadono”. Le voci di Dorotea, Silvia e Francesca non si limitano ad alternarsi canonicamente, ma più volte si intersecano e si richiamano a vicenda nel corso della narrazione. Ogni personaggio scrive il suo diario intimo in cui alla cronaca spicciola si affiancano il racconto lirico e sofferto delle conquiste e delle sottrazioni, oltre alla descrizione minuziosa di una quotidianità fatta sostanzialmente di minimi gesti, sentimenti ambivalenti, piccole e grandi domande, conflitti interiori, impietosi bilanci esistenziali – tra il conforto della memoria e l’accettazione a volte dolorosa del presente.