Categorie: AmbienteTrapani

Lotta alle reti fantasma: nei fondali trapanesi recuperati due chilometri di attrezzatura

Si è tenuto questo pomeriggio, presso la sede della Capitaneria di Porto di Trapani, un incontro dedicato ai danni causati dalle “reti fantasma” abbandonate sui fondali marini e all’importanza delle operazioni di recupero per la tutela dell’ecosistema marino. Hanno partecipato all’evento: Guglielmo Cassone, Capo del Compartimento Marittimo di Trapani, Vincenzo Guaiana, assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Trapani, Fabio Galluzzo, delegato di Marevivo Sicilia, Riccardo Cingillo, referente della Divisione Sub Marevivo Sicilia, Stefano Ravalli, titolare di Free Divers Italy e Salvatore Braschi, rappresentante della Cooperativa San Giuseppe Trapani.

Nel corso dell’incontro sono stati presentati i risultati delle operazioni di recupero condotte lo scorso luglio, che hanno permesso la rimozione di circa due chilometri di reti fantasma nei pressi del relitto della nave petroliera PAVLOS V, situato a circa tre miglia dal porto di Trapani.

Le operazioni, realizzate grazie alla collaborazione tra la Capitaneria di Porto di Trapani, la Fondazione Marevivo e l’Associazione subacquea Free Divers Diving Center, hanno evidenziato ancora una volta la gravità del fenomeno. Le reti fantasma, infatti, rappresentano una minaccia concreta per:

  • La fauna marina, intrappolando gli organismi e danneggiando irreparabilmente l’ecosistema;
  • La sicurezza della navigazione, poiché spesso si impigliano nelle eliche delle imbarcazioni, compromettendone stabilità e manovrabilità;
  • L’ambiente marino, rilasciando microplastiche a seguito del loro deterioramento.

Un modello di collaborazione per la tutela del mare
L’incontro ha sottolineato l’importanza di una sinergia efficace tra istituzioni, enti locali, associazioni e fondazioni come Marevivo, impegnata da oltre quarant’anni nella tutela dell’ambiente marino e nel contrasto al problema delle reti abbandonate. Queste reti continuano a “pescare” anche dopo essere state perdute, catturando fauna marina e soffocando la flora dei fondali. Recenti studi stimano che le attrezzature da pesca costituiscano fino all’89% dei rifiuti marini registrati in alcune aree. È fondamentale continuare a sensibilizzare tutte le categorie coinvolte, inclusi pescatori e operatori del settore, promuovendo comportamenti virtuosi e azioni mirate a ridurre l’impatto di questi rifiuti sul mare.

redazione

Condividi