L’orrore è spesso più vicino alle nostre case di quanto pensiamo. Le notizie su quanto accadeva presso la casa circondariale “Pietro Cerulli” di Trapani vanno, purtroppo, al di là di qualsiasi immaginazione. Detenuti picchiati selvaggiamente, torturati, umiliati con insulti, sputi, secchi di urina gettati addosso, sottoposti a svariati atti vessatori. Un trattamento disumano che valeva per gli immigrati, ma anche per gli italiani gravati da problemi e che è andato avanti per anni. Comunque la si pensi, il carcere non dovrebbe essere questo. Perchè un cittadino che si trova nelle mani dello Stato per scontare i reati che ha commesso, così come un soggetto sottoposto a interrogatorio o perquisizione ha il diritto di sentirsi al sicuro. Lo dice la storia, lo dice il buon senso, lo dice la Costituzione repubblicana, che ogni servitore dello Stato dovrebbe conoscere. Il terzo comma dell’articolo 27, per citarne uno, afferma che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Principi incompatibili con quanto avveniva nel reparto “blu” del carcere “Pietro Cerulli” di Trapani.
Questa vicenda impone un serio ripensamento delle strutture detentive, che non significa – come qualunquisticamente dice qualcuno – trasformarle in Grand Hotel, ma ragionare su maggiori investimenti economici e umani sul fronte delle attività di recupero e rieducazione, così come sul miglioramento delle condizioni di lavoro degli agenti penitenziari (spesso sotto organico). Di fronte a questi fatti, la risposta delle istituzioni non può che essere forte: nessuno può liquidare con superficialità episodi così gravi e, al contempo, nessuno può sentirsi autorizzato o legittimato ad abusare del proprio potere, magari perchè ritiene di poter contare su un governo più conciliante verso certi atteggiamenti violenti. Vale nelle strutture carcerarie, vale nelle strade e nelle piazze, di fronte a cortei o manifestazioni pubbliche di studenti, operai, lavoratori.
Non comprenderlo significa consegnare la nostra democrazia a una progressiva erosione, fino a trasformarla in una scatola vuota, facilmente sostituibile con altre forme di Stato che abbiamo già drammaticamente sperimentato.