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Il tempo della chiusura

So già che non troverò condivisione da parte di alcuni, perché il tema è scottante e divisivo. Ma qualcuno deve pur dirlo e, nel silenzio pressoché assoluto della politica, nazionale e locale, sebbene gli appelli si siano sprecati, il tema va affrontato perché siamo di fronte ad uno tsunami silenzioso ma che lascerà, presto o tardi, troppe vittime e di tutti i settori sociali. Il tema della riscossione delle imposte e della tenuta del sistema produttivo locale è diventato un punto assolutamente centrale se è vero, come lo è, che la nuova Agenzia di Riscossione erariale aggredisce senza remore conti correnti e terzi debitori. Il danno procurato va oltre il semplice prelievo forzoso, perché danneggia gli indici di affidabilità bancaria già precari di parecchie imprese con la conseguenza che ottenere capitale di debito sarà impossibile. Inoltre le nuove norme sulla crisi di impresa impongono ulteriori elementi di incertezza nel governo delle realtà produttive di zona, un sistema fragilissimo che però garantisce quei livelli occupazionali minimi che in sua assenza sfocerebbero in guerra civile.

La mancanza nel nostro territorio di una voce parlamentare che comprenda la situazione vivendola direttamente e non de relato complica ulteriormente il quadro. Ad aggravare, anche le società di riscossione delle imposte locali, anch’esse poco accorte. Ora va detta una cosa: se ad avere problemi è il dieci percento del tessuto produttivo, la circostanza è confinabile nella malafede, ma quando sono interi comparti, vuol dire che qualcosa non gira e che serve un intervento. Tuttavia la politica latita e le due congiunture, le norme sulla riscossione e sulla crisi d’impresa, rischiano di mettere in ginocchio la provincia. Il mantra a favore di tali disposizioni è che bisogna salvaguardare il mercato, chi non è sano deve starne fuori perché diversamente lo si droga. In apparenza è così, ma non ci si accorge che è proprio il mercato che spesso si da regole proprie. Faccio una facile previsione: così continuando, entro il 2026 il sistema imprenditoriale di questo lembo territoriale sarà spazzato via. I limiti fra sostenibilità dell’attività e i suoi rischi connessi sono diventati troppo sottili per essere sostenuti ancora per lungo. È il tempo di una serrata, se resta del coraggio. Perché in ogni caso le chiusure forzose sono dietro l’angolo, ma sembra che nessuno lo capisca. A meno che non ci sia un disegno dietro, ma quello è argomento per complottisti, anche se a pensar male ogni tanto ci si azzecca.

[ Vincenzo Scontrino ]

redazione

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