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Marsala, “I Bunker della Pace” dividono: quando l’arte può coprire il degrado

Un bel giorno la città di Marsala si è svegliata con i fortini… in fiore. Non letteralmente, s’intende. Fiori che escono dai carri armati al posto dei proiettili e delle bombe, per ricordarci che la pace in tempi di guerre così vicine a noi, è la via da perseguire. Troppi morti intorno a noi, dall’Ucraina a Gaza, che non devono farci pensare che siano terre distanti e che noi siamo immuni da tutta questa distruzione. Anzi, forse ne siamo persino responsabili. Un raid pacifico nei giorni scorsi ha dipinto coi colori della pace ed altri simboli pacifisti, i bunker che si trovano in Città risalenti alla Seconda Guerra Mondiale, lungo la via Trapani, nel litorale che costeggia Sappusi, di fronte l’ex caserma militare della SP 21. Un’iniziativa che ha diviso sia la città che le forze politiche. I primi dissensi, per il vero iniziati sui social, provengono dagli esponenti del partito locale e regionale di Fratelli d’Italia che hanno espresso la propria contrarietà a quanto accaduto.

È inaccettabile che manufatti storici, tutelati dalla l.r. n.12 del 12 luglio 2018 e dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, vengano deturpati facendo perdere il loro importante valore di testimonianza del secondo conflitto mondiale”, affermano il capogruppo all’Ars di Fdi e l’ex sindaco di Custonaci, che hanno anche presentato un’interrogazione per chiedere chiarimenti sul progetto “I Bunker della Pace” realizzato da Salvatore Inguì, responsabile provinciale di Libera, con un gruppo di ragazzi. “Vi sono associazioni e studiosi, in primis l’associazione Lamba Doria presieduta da dottore Alberto Moscuzza, che da molto tempo contribuiscono a tutelare e valorizzare il patrimonio di archeologia bellica in Sicilia e occorre sostenere la loro opera affinché la nostra Regione non venga depauperata di questo importante patrimonio”, continuano.

C’è chi invece è favorevole e ci vede, di contro, un recupero artistico nel rispetto, s’intende, delle leggi in materia di tutela del paesaggio e dei monumenti storici. Tra questi c’è il docente d’arte Enzo Campisi: “Sì, i fortini sono testimonianze di un periodo storico terribile, realizzati dallo Stato Italiano su controllo, ordine e progetto dei tedeschi e servivano a proteggere i militari dallo sbarco degli alleati americani. Sono insomma degli altari della guerra, non vanno di certo demoliti ma si può intervenire dandone una connotazione differente in questo momento storico peraltro – afferma Campisi -. Penso sia un’iniziativa corretta, da appoggiare. Anzi, dico che bisognerebbe renderla legittima chiedendo alle Istituzioni di poter intervenire attraverso delle soluzioni grafico-pittoriche interessanti, così potrebbero essere motivo altresì di un tour turistico, perchè al momento sono abbandonati e in stato di degrado. E’ un’operazione intelligente”.

Come ricorda Campisi “… si pone un antico problema. L’arte si pone come espressione che va al di là delle limitazioni o l’arte deve allinearsi? Si pensi alla Fiumara d’Arte, nel messinese, in cui vi sono opere che non sono state preventivamente autorizzate, per 30 anni ci sono stati processi perchè ritenute opere da demolire ma alla fine giurisprudenza e governi hanno capito il valore artistico imponente di tale arte. E’ chiaro che se un artista la mattina si sveglia e decide di dipingere la facciata di un monumento o di una chiesa questo è violenza. Al di là, autorizziamo la riqualificazione delle case matte, valorizziamolo attraverso un indirizzo pacifista”, conclude l’artista e fondatore di PittAcqua, la pittura su tela praticata nei bassi fondali delle saline di Marsala.

redazione

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