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Favignana e la sua chiesa Madrice. Cosa c’è da sapere

Camminando lungo il corso principale di Favignana, si arriva a Piazza Madrice e lo sguardo si posa immediatamente sulla chiesa omonima, che domina incontrastata con la sua presenza questo piccolo scorcio urbano.
La chiesa era e rimane ancora oggi, una sorta di centro nevralgico dell’isola.


La sua costruzione risale al 1759 ed è il risultato di un progetto ideato dall’Architetto Don Luciano Gambina, per volontà di Don Giovanni Luca Marchese di Pallavicino.
La struttura, la cui facciata presenta uno stile barocco, è a forma di croce latina. Con il termine “croce latina”, si indicano tutti quei tipi di piante che hanno la forma della croce di Gesù.

La navata è lunga 33m e larga 18m e questa lunghezzacorrisponde, casualmente, ai 33 chilometri di costa dell’isola. Ciò che salta subito all’occhio, quando la si osserva dalla piazza, sono il campanile a vele composto da tre campane, che funge da cornice e completa la facciata e una vetrata deliziosamente decorata e colorata con un’immagine dell’Immacolata Concezione, presente anche sull’Altare maggiore sotto forma di statua. Questa statua è in marmo, concepita dalla Scuola Spagnola, risale, probabilmente, al ‘600.
Le tre campane che ho citato sopra, in realtà, non sono le originali. La prima fu collocata nel 1792, i rintocchi della seconda suonarono nel 1869 e la terza venne piazzata in tempi più recenti.
Queste prime tre campane sono oggi conservate nel giardino della Casa Parrocchiale “Donazione di Vita Durano”.

Ma il vero segno distintivo di questa chiesa è la sua cupola verde smeraldo, che si staglia con contrasti inconfondibili nel cielo limpido e turchese, visibile anche dal porto, alta ben 26m.
All’interno, troviamo un’altra opera ben conservata: un importante Crocifisso ligneo di Scuola Trapanese, (XVIII sec), mentre sotto al Crocifisso, è stato deposto un Cristo, del 1942, appartenente alla Scuola di Ortisei.

La mano dell’artista Bernardino Gianola ha prodotto, invece, un’affascinante tela, quella di S. Maddalena di Canossa, situata nella cappella omonima. La Santa viene ricordata per essere la fondatrice della congregazione dei Padri Canossiani, cui è affidata la parrocchia.
Nella chiesa di Piazza Madrice, troviamo poi un elegante pulpito decorato con foglie dorate, in stile Rococò, (XVII sec).

Un particolare presente nell’intradosso, ovvero la parte interna della cupola, che rimarca ancora una volta la passata presenza dei Florio su quest’isola, è un bassorilievo raffigurante lo stemma di questa stirpe, il celebre leone ferito che si abbevera alla pozza di Chinino. Lo si può notare mentre si è rivolti verso l’Altare Maggiore, spostando lo sguardo verso l’alto.
Sui due lati della navata, due preziosi quadri (XVIII sec) del pittore trapanese Domenico La Bruna. Il primo, sulla sinistra, è una rappresentazione del “Transito di San Giuseppe”, mentre sulla destra si può osservare la “Madonna delle Grazie con S. Antonio”.

Ma ciò che davvero può essere interessante, è l’esistenza di un cimitero sotterraneo. Questo luogo di sepoltura sottostante la chiesa venne usato fino al 1870, per poi essere “abbandonato” fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando il Podestà dell’epoca di Favignana inviò una lettera al Vescovo di Trapani chiedendogli di poter usare quegli antichi locali come rifugio antiaereo. Sfortunatamente, a seguito di questo utilizzo, i sotterranei vennero definitivamente murati, quindi non è possibile visitarli.

Purtroppo, le informazioni storiche sulla chiesa sono limitate, poiché la maggior parte dei carteggi inerenti venne perduta in un incendio, ricordato in un diario scritto dal parroco di allora.
Ciò non toglie che la sua presenza sia già una portavoce di epoche passate. Con la sua linea solenne ed elegante, la chiesa di Piazza Madrice continua a essere non solo un luogo di culto, ma anche un simbolo.
Un luogo che, a prescindere dalle credenze di ognuno, si erge a tutti gli effetti come un punto d’incontro, di unione e coesione della popolazione, con le loro tradizioni, le loro credenze, i loro riti e le loro processioni, tutte usanze e testimonianze di un tempo che non risulta, qui, essere tanto passato o remoto. Al contrario, la sensazione che si ha entrandoci è pari a quella che si può avere varcando la soglia in una cappella privata, che richiama a raccolta la famiglia di una grande casa.
Perché come diceva Leonardo Sciascia, grandissimo scrittore nostrano, palermitano: “La Chiesa è grande perché ognuno ci sta dentro a modo proprio.”

Camilla Marino

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