Categorie: AntimafiaAperturaApertura homeProvincia

Mafia trapanese, la Dia avverte: “L’uscita di scena di Messina Denaro genererà ripercussioni”

“La criminalità organizzata italiana è in continua trasformazione, adeguandosi alle mutevoli condizioni dei mercati per massimizzare i propri introiti illeciti”. L’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, pubblicata nella giornata di ieri con riferimento al primo semestre del 2023, evidenzia ancora una volta la capacità delle mafie di mutare pelle e adattarsi ai cambiamenti, con l’obiettivo di portare avanti i propri affari e aumentare le proprie ricchezze. Per far ciò, le principali organizzazioni criminali cercano di non dare troppo nell’occhio per sfuggire ai controlli e, al contempo, di accrescere il proprio consenso sociale, presentandosi come organismi che dispensano servizi, opportunità di guadagni, “la percezione di un benessere sociale visto però non come un diritto del cittadino, ma come elargizione da parte di un’entità sovrastante alla quale è necessario corrispondere se non obbedienza, certamente condiscendenza”. Da ciò segue – purtroppo – una crescente attrazione da parte del mondo imprenditoriale verso le organizzazioni mafiose, dotate di forte liquidità illecitamente acquisita.

Per quanto riguarda la provincia di Trapani, da un lato la Dia ribadisce la forte influenza della mafia palermitana, dall’altro si sofferma sulla scomparsa dalla scena del boss Matteo Messina Denaro, per anni capo indiscusso della mafia trapanese, arrestato il 16 gennaio del 2023 e il 25 settembre presso il carcere de L’Aquila. La relazione della Dia sottolinea che l’arresto sia frutto dell’attività investigativa che ha progressivamente indebolito la fitta rete di protezione di cui il latitante castelvetranese ha goduto fino alla storica cattura. Le indagini sono poi proseguite coinvolgendo prestanomi (Andrea Bonafede), familiari (la sorella del boss), professionisti (il medico Alfonso Tumbarello), autisti e vivandiere.

Oggetto di interesse della Dia è, naturalmente, anche il vuoto di potere nella mafia trapanese, successivo all’uscita di scena di Messina Denaro. Nella relazione si evidenzia che tale evento “genererà ripercussioni” in quanto è stato il capo della provincia di Trapani sia dal punto di vista materiale sia dal punto di vista formale, ma anche sulla provincia di Palermo e su tutta cosa nostra, in quanto Messina Denaro ha svolto una funzione carismatica, trattandosi dell’ultimo reduce della stagione delle grandi stragi. Altro aspetto delicato riguarda le scarcerazioni (già avvenute o che si verificheranno prossimamente), che potranno determinare nuovi assetti, non solo nella provincia trapanese.

Per il resto, la Dia conferma l’articolazione di Cosa Nostra trapanese in 4 mandamenti (Trapani, Alcamo, Mazara del Vallo e Castelvetrano), che a loro volta, risulterebbero articolati in 17 famiglie, spesso in collaborazione tra loro. Confermata anche la tendenza della criminalità trapanese ad avvalersi del connubio politico-mafioso “tale da generare inquinamenti nell’attività amministrativa, attraverso “interlocuzione”, fra esponenti mafiosi ed amministratori locali”. A riguardo si cita la condanna di primo grado a 12 anni di reclusione dell’ex deputato regionale Paolo Ruggirello, nell’ambito del processo scaturito dall’operazione “Scrigno”, ma anche le vicende riguardanti il Comune di Petrosino, con l’inchiesta per voto di scambio che ha portato all’arresto e alla successiva condanna dell’ex consigliere comunale Michele Buffa. Tra i reati più ricorrenti nel territorio trapanese vengono citati episodi di corruzione, estorsioni, contrabbando internazionale di sigarette, intimidazioni e traffico di sostanze stupefacenti, con particolare riferimento alla rotta Marocco-Spagna-Italia.

Vincenzo Figlioli

Condividi