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Lettera semiseria sulle prossime elezioni…

Sulle ormai prossime elezioni in modo del tutto “originale”, ci scrive un nostro lettore.

“giorni fa mi trovavo in giro per la campagna marsalese, e a un certo punto vidi un uomo anziano, di mia conoscenza, seduto sul classico muretto in conci di tufo. Poiché mi faceva piacere salutarlo, mi fermai; per chiedere del suo stato di salute e della famiglia intera.

Lo zio Pino, dopo i preamboli di rito, mi chiede:

Eno’ ma ora a ccu a vutari?. Unni staiu capennu cchiu’ nenti.

Eno’ mi ricissi una cosa?; prego rispondo io.

Ma uncera ‘ddra fimmina, chi cca’ a Marsala riicianu che era a ziti di Berlusconi; cumu si chiama sta fimmina? “

Io non ricordando il cognome risposi; non saprei.

Zio Pino ad un certo punto inizia a sciorinare tutti i suoi ricordi elettorali passati, ed inizia a brevettare una serie di cognomi.

“savissi a chiamare trizzina…..fiscina…..piscina, booo, un mi ricorddu cchiù, chidda di ddicia ca a Marsala caria a nivi e iddra vinia a sciare nu mmennu. Botta ri sale , eno’ vossia savissi a ricurddari; minchia chi minghiatuna chi ddissi, un’ cipozzo chiriri e pinsari. Aiu 88 anni e una minghiatuna accussì rossa un’ lavia mai ntiso, quannu mai cca’ a fattu nivi? Astura avissimu, vero, bisognu d’un miraculu da nivi chi carissi pi tri gghiorna ri seguito, vistu cu nghiove d’unanno, e i zucchi stanno siccanno, tuttu sta siccannu”.

Zio Pino continua chiedendomi se conoscessi la signora: risposi di no, ovviamente.

minchia chi minchiatuna” contunuava a dirmi zio Pino. Ma io un’civaio a vutari, ponnu siccari i zucchi e tutti i babbaluci cumu chissa”.

Io risposi che era un obbligo morale e democratico andare a votare.

Zio Pino mi risponde: un cianna bbene cchiu nuddru ‘ncasa mia, picchi u viri stu marruggiu; ci rumpu n’testa!, ni pigghianu sempi pù culu. A quel punto salutai affettuosamente l’amato zio Pino e prosegui per la mia strada e il mio da fare.

Penso, a distanza di qualche giorno, visto il fermento pre-elettorale che attualmente la Sicilia e la nostra città vivono, mi rendo conto che zio “Pino” aveva ragione. E’ come sentirsi nel romanzo di Leonardo Sciascia “Le parrocchie di Regalpetra”, dove tutti i politici che andavano in questo paese (Racalmuto) promettevano una vita migliore a tutti; zolfatari, contadini, casalinghe, studenti, etc.

Una narrazione fantastica, che presenta fatti assolutamente verosimili, se non realmente accaduti. Un romanzo che eleva i paradossi e le ingiustizie che la Sicilia continua e continuerà a subire, che potrebbero risultare inconcepibili per chi non ne conoscesse la realtà isolana. Questo è quello che voleva dirmi il caro conoscente, zio Pino, e che inevitabilmente richiama a un’altra grande opera “Il Gattopardo” scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

A voi le conclusioni.

Giacomo Alberto Manzo

redazione

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