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La pesca e il telefono

Chi ha una certa età ricorda una canzone che si intitolava “Piange il telefono” di Domenico Modugno. Era il 1975, cinque anni dopo la prima legge sul divorzio in Italia.

Difficile non commuoversi per quella storia che ha spezzato il cuore degli italiani (noi che eravamo poco più che ragazzi e non lo facemmo e non ce lo siamo perdonati mai). Un padre abbandonato dalla moglie chiama (sul telefono fisso ovviamente non c’erano i cellulari) per sentire la vocina della figlia fingendosi un amico. Chiede informazioni ed ecco la strofa in cui la bimba risponde alla domanda su come va la scuola: “Bene, ma dato che la mia mamma lavora è una vicina che mi accompagna a scuola. Però ho solo una firma sul mio diario. Gli altri hanno quella del loro papà io no”.

Perché in queste note, un nostro canoro ricordo sbiadito? Perché la stessa ipocrisia l’abbiamo rivista in questi giorni in una pubblicità della nota catena dei supermercati Esselunga. La protagonista non è una bambina felice di mangiare con la famiglia riunita attorno ad un tavolo, ma una malinconica piccola adulta, figlia di due genitori separati, che spera di riavvicinare grazie a quella pesca, che donerà a suo padre facendogli credere che sia un pensiero che arriva invece dalla madre.

Uno spot studiato alla perfezione affermano gli esperti e noi che non lo siamo diciamo: ma come? Il matrimonio si è rotto, è “alla frutta” e tu ricuci con una pesca? Per noi è stato realizzato in questo clima governativo di Dio (lasciate stare il divino…), Patria e Famiglia per aprire i canali lacrimali di grandi e piccini ed è stato concepito, probabilmente, per rispondere all’idea stantia della famiglia perfetta, dove tutti si amano e dove le mamme, anziché lamentarsi la mattina perché i figli non si schiodano dal letto, sorride e canta con gli uccellini, spalmando marmellata sul pane.

Lo spot è volutamente triste e pone esageratamente l’accento sulla sofferenza della bimba, ma esistono famiglie in cui, nonostante la separazione dei genitori, si cerca di vivere in armonia e di affrontare il dolore nella maniera più intelligente possibile, proprio per il bene dei figli.

Detto questo, si può decidere di raccontare questo dolore anche in altro modo. Come in un film di Muccino, in cui ci si aspetta che da un momento all’altro scoppi un acquazzone mentre la madre urla dalla finestra “Mi fai schifo! Mi fai schifo!”, perché lui l’ha tradita con la maestra d’asilo della figlia.

Oppure si può pensare di raccontare una realtà in cui non venga affatto sminuito il dolore di una bimba a cui manca avere i suoi genitori sotto lo stesso tetto, ma nella quale questo dolore non diventi il perno su cui poggia l’intera strategia commerciale.

Voi fate come volete, ma a noi da oggi questo supermercato non piace, e se capiterà non ci andremo.

Gaspare De Blasi

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