“Quel giorno di un radioso maggio del 1965 erano appena passate le ore nove. Alla porta della direzione della scuola elementare “Giuseppe Lombardo Radice” diventata poi sede del Tribunale ed ora degli Uffici municipali, sento bussare delicatamente.
– Avanti.
Era l’anziana brava bidella Ciccina Caradonna che annunziava la visita di un’allieva dell’Istituto Magistrale ospitato al secondo piano dell’edificio, governato dal preside Cav. Uff. Gianni Di Stefano.
Buongiorno, Signor Direttore, sono arrivata in ritardo a causa di un guasto della corriera. Non mi fanno entrare al Magistrale. Mi consente di rimanere nella sua scuola fino all’una, quando potrò tornare a Petrosino dove abito?
Era un’allieva di una delle prime classi secondarie, un po’ timida e in preda ad uno stato di comprensibile disagio. La sua tenuta era impeccabile: grembiule, colletto, cravatta rigorosamente prescritti nel colore, foggia e misura dal capo d’Istituto che considerava la sua scuola come un’accademia militare.
La ragazza aggiungeva:
– A Marsala non saprei dove andare, non ho parenti.
A quella insolita richiesta originata dalle rigide disposizioni ministeriali che respingevano gli allievi ritardatari, rispondo subito:
– Con vero piacere. Anzi, sai? oggi è assente la signorina Vincenza Errera, maestra di una classe quinta femminile. Vieni, oggi la sostituisci tu anziché sparpagliare la classe tra le altre quinte femminili; non è consentito, infatti, nominare supplenti per assenze di un giorno. Le alunne saranno felici di accoglierti. Descriverai Petrosino, la chiesa, la spiaggia del Biscione, i prodotti della terra… Impegnale nella conversazione, farai scrivere pensieri ed eseguire disegni. Vedrai, andrà tutto bene. Seguimi, ti presento alla classe.
Rivolgendomi alle alunne della maestra Errera:
– Ragazze, oggi la vostra maestra sarà assente. Trascorrerete la giornata scolastica con questa ragazza, un po’ più grande di voi. Un giorno anche lei sarà un’insegnante. Buon lavoro.
Ero consapevole di correre qualche rischio e di assumere delle responsabilità, ma quella classe della maestra Errera mi garantiva la massima sicurezza circa la disciplina e l’operosità didattica.
Al termine delle lezioni scandito dal campanello, l’allieva venne a ringraziarmi e prima che ci si salutasse le feci dono di un libro con dedica a ricordo di quella lezione svolta abusivamente ma nel clima di una comunità scolastica serena e pulsante di autentica umanità.
L’anno successivo, il ministro Misasi disponeva di accogliere i ritardatari e di ammetterli in aula alla seconda ora di lezione”.
Elio Piazza