La lunga lista degli episodi di autolesionismo del centrosinistra italiano si arricchisce di un nuovo episodio. Dopo aver lavorato anni ad un campo progressista che mettesse assieme il Pd, la sinistra e il Movimento 5 Stelle, i principali leader di questo schieramento stanno comunicando “urbi et orbi” la dissoluzione di questa coalizione. Il Pd e i suoi alleati centristi hanno messo dietro la lavagna i pentastellati, ritenendoli i principali responsabili della caduta del governo Draghi. D’altro canto, forte della tenuta del suo partito alle primarie siciliane, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto che non ci sarà alcuna alleanza a Palermo se a Roma si andrà divisi.
Fonti attendibili riferiscono che Giorgia Meloni e Nello Musumeci abbiano già prenotato lo spumante – rigorosamente italico – per festeggiare una doppia vittoria che, a questo punto, appare scontata. Perchè la destra, quando capisce di poter vincere, impiega pochi minuti a trovare un accordo. La sinistra, invece, ciclicamente torna ad assumere le sembianze di Tafazzi, il personaggio portato al successo da Aldo, Giovanni e Giacomo, che amava colpirsi ripetutamente l’inguine con una bottiglia di plastica, gioendo del proprio masochismo. Piuttosto che ragionare su come trovare un’intesa per un programma di governo capace di dare risposte alle crescenti diseguaglianze sociali, alle nuove povertà, alla questione giovanile o a quella meridionale, si preferisce dunque consumare rese dei conti, processi sommari e vendette incrociate.
Personalmente, in questi giorni ho pensato molto a quei dirigenti dei circoli territoriali che hanno sacrificato tempo, affetti, energie (rimettendoci anche di tasca) per organizzare le primarie presidenziali in Sicilia o per preparare il campo ad un’alleanza progressista su scala nazionale e adesso si sentiranno come il solito Sisifo, che dopo aver consumato le proprie energie per portare un pesante macigno in cima alla montagna, lo vedeva rotolare dalla parte opposta nel momento in cui riteneva di aver raggiunto il proprio obiettivo. Esattamente come Sisifo, dirigenti e tesserati dei territori dovranno ricominciare un’altra volta, e poi un’altra ancora.
Quanto agli elettori, si sa, ormai contano meno dei like sui social. Si è fatto in modo di limitarne al minimo la possibilità di scelta, attraverso leggi elettorali cucite su misura per le segreterie dei partiti, che di fatto sanno già in anticipo chi saranno i propri parlamentari e a chi dovranno rispondere. Poco importa se sceglieranno di disertare le urne: lor signori hanno ben altro a cui pensare. Ovviamente, nel supremo interesse del Paese…