Elio Licari, ex consigliere comunale, e da alcuni anni scrittore ed editore, autore insieme a Manuel Parrinello del libro “Ririri è meglio di sorridere” ha “venduto” il suo ultimo lavoro al comune di Marsala.
Il contenuto del saggio sul siciliano e sui modi dire che erano in voga diversi anni fa, ha destato, soprattutto in alcuni passaggi perplessità di operatori delle scuola alle quali l’opera è stata destinata su iniziativa dell’Amministrazione Grillo, nonchè di molti cittadini che si sono indignati sui Social.
Licari, vista l’eco mediatico che la vicenda va assumendo (alla nostra redazione hanno scritto insegnanti ma anche genitori), ha replicato con una lettera diffusa alla stampa.
“Molto rumore per nulla. A realizzare qualcosa di raro e particolare si corre sempre il rischio che qualcuno si scandalizzi, soprattutto quando il concetto di cultura che si ha è molto limitato e lo si paragona solo al proprio concetto di sapere. Insieme al mio amico Manuel Parrinello, grande professionista nel settore della grafica, abbiamo realizzato un libro nuovo, originale, che attraverso le immagini rendesse comprensibile un linguaggio non più in uso ai giorni nostri. L’obiettivo era raccontare ai giovani il dialetto siciliano parlato dai loro nonni ma in chiave moderna, con delle vignette che ne esprimessero meglio il significato – continua Licari -. Il fine non era di certo quello di turbare qualcuno. Ed in ogni caso il libro è rivolto solo agli studenti delle scuole medie e superiori, non delle elementari, come molti hanno detto. Ho appreso che la polemica su alcune vignette del libro è nata dalla reazione di alcune insegnanti che si sarebbero scandalizzate per un termine in particolare. L’idea che queste insegnanti non sappiano che la parola in questione si trova anche nella Treccani mi fa sorridere. Si tratta di un intercalare ampiamente utilizzato in Sicilia, un’espressione polivalente, parte del patrimonio siciliano. Quindi non riesco a comprenderne l’offesa”.
“Altri detti riportati nel libro non li ritengo volgari, ma soltanto popolari e dal libro goliardicamente rappresentati. Una vignetta in particolare ha suscitato molto clamore, quella che definisce “sbirro” un poliziotto. Ci tengo a spiegare che l’intento era soltanto quello di riportare un modo di dire utilizzato da tanti in un passato, per fortuna, ormai molto lontano – afferma l’editore marsalese -. Non è di certo un pensiero che mi appartiene. Personalmente ho molto rispetto di tutte le forze dell’ordine. Anche le parti del corpo venivano definite con un nome in dialetto, ma perfino questo ha destato scandalo. Penso che chi accusa il libro di essere volgare non sappia cosa sia la volgarità. Fortunatamente oggi la satira non è più oggetto di censura, come avveniva nel passato. Questo libro è stato pensato e scritto in assoluta buonafede, sia da me che da Manuel Parrinello”.
Ma questo non ferma le dure polemiche sui Social.