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“Sanità siciliana bottino di guerra”: la dura denuncia della Commissione Antimafia

Negli ultimi venti anni in Sicilia “una parte non irrilevante dei ceti professionali, pubblici e privati, ha avuto uno sguardo avido sulla salute dei siciliani”, considerata “un bottino di guerra, una terra di mezzo da conquistare, un’occasione per fabbricare vantaggi economici e rendite personali”. Durissimo l’atto d’accusa nei confronti della sanità siciliana che emerge dalla relazione finale dell’inchiesta svolta dalla Commissione parlamentare antimafia e anticorruzione dell’Ars, presieduta da Claudio Fava. “A intercettare la molestia e l’avidità di certi comportamenti è intervenuta (quando ha saputo, quando ha voluto) la magistratura – sostengono i commissari -. Raramente la politica. Poche le denunce, pochissimi gli interventi in autotutela”. È questo, secondo la Commissione, “il dato più significativo” che consegnano questi undici mesi di lavoro sul comparto sanitario, da cui emerge, più che l’ignavia, la prevalenza di “interessati silenzi” che hanno posto la sanità dell’isola “nelle condizioni di essere costantemente contesa, occupata, maltrattata”.

Tra le pagine più tristi dell’arco temporale indagato dalla Commissione, la stagione che ha visto Lucia Borsellino, scelta da Rosario Crocetta nel 2012 per ricoprire il ruolo di assessore alla sanità, ma costantemente isolata dallo stesso cerchio magico del presidente, fino alle inevitabili dimissioni, accompagnate da una durissima lettera in cui la figlia del magistrato motivò la sua decisione con “ragioni di ordine etico e morale”. “La stagione di governo che ha visto Lucia Borsellino alla guida della sanità regionale ed un nutrito nugolo di malversatori e presunti ‘consigliori’ agitarsi alle sue spalle è una delle pagine meno degne di questi anni. Anche per l’oltraggio che quel cognome, così importante per la Sicilia, ha ricevuto impunemente da taluni personaggi (fino a quando la giustizia ordinaria, non la politica, li ha fermati)”.

Nelle conclusioni alla relazione, la Commissione Antimafia indica una direzione per la sanità siciliana, che passa dallo sblocco delle procedure concorsuali, in modo da garantire un accesso trasparente ai ruoli della sanità pubblica, riducendo il potere di condizionamento della politica e ristabilendo il primato del merito nelle procedure di assunzione. Tuttavia, la stessa Commissione presieduta da Claudio Fava non dimentica di evidenziare “il lavoro faticoso, determinato, prezioso che migliaia tra medici e operatori sanitari garantiscono ogni giorno negli ospedali siciliani e che non può essere offeso dal comportamento irridente e opportunista di pochi loro colleghi o dall’ansia di clientele alimentata da una consuetudine politica dura a morire”.

“Dalle audizioni in commissione Antimafia emerge chiaramente che il sistema della pubblica amministrazione regionale resta purtroppo permeabile alla corruzione. Questo si evince in particolare nel comparto della sanità, dove viene investita la metà, circa 10 miliardi di euro, dell’intero bilancio regionale. Un dato molto eloquente, su cui bisogna riflettere e intervenire”. Lo sostengono Roberta Schillaci e Antonio De Luca, deputati del Movimento 5 Stelle all’Ars e componenti della commissione Antimafia del Parlamento siciliano. “L’anticorruzione è stata trasformata – commenta Schillaci – in un mero adempimento burocratico che non incide concretamente nella prevenzione. Il sistema va rivisto soprattutto nel settore sanità, a cominciare dalla figura del responsabile anticorruzione, talvolta un soggetto con doppi incarichi e con attività rilevanti difficilmente conciliabili con un’adeguata prevenzione. Inoltre, non tutti hanno attivato il whistleblower e canali di segnalazione dei casi sospetti. Serve inoltre un ripensamento di tipo legislativo, con modifiche normative sulle commissioni aggiudicatrici sprovviste di professionalità e sul ruolo dei presidenti, che non possono continuare a operare a titolo gratuito, mentre gli altri componenti hanno un compenso”.

redazione

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