Chiudono le banche in Sicilia e in Provincia di Trapani. Dopo la storica filiale del Banco di Sicilia, gruppo Unicredit, di via Marchese di Villabianca a Palermo, nello stesso fine settimana chiudevano anche gli sportelli di Belmonte Mezzagno, Campobello di Mazara, Custonaci, Canicattini Bagni.
La chiusura degli istituti di credito in Sicilia è la più veloce in tutto il resto d’Italia: negli ultimi 5 anni hanno abbassato la saracinesca il 26% degli sportelli bancari: dai 1.583 del 2015 ai 1.174 del 2020.
Su 391 comuni siciliani, ben 109 sono rimasti senza sportello bancario e il 391° comune appena costituito, quello di Misiliscemi in provincia di Trapani, nasce senza neanche una banca. Nel 2003, invece, solo 50 centri siciliani non avevano uno sportello.
“Si pone un problema di mancanza di servizi essenziali – dice Mimma Argurio della Fisac-Cgil – ma anche di presidi di legalità. Le aree interne che sono già penalizzate nelle infrastrutture vengono ulteriormente colpite dall’assenza di una banca. Non c’è solo il disagio delle persone più anziane che tra l’altro sono più vulnerabili sia alle truffe tradizionali che a quelle on line ma anche decine di piccoli imprenditori che perdono un loro punto di riferimento e diventano più facilmente preda di usurai e criminalità”.
“Non c’è dubbio – conferma Anna Cutrera della First- Cisl – che questi tagli siano stati ulteriormente agevolati dal maggiore uso dell’home banking fra i clienti e dall’introduzione dello smart working fra i dipendenti che ha permesso di accorpare su un’unica figura servizi di varie filiali. Ma il problema va inquadrato in un generale impoverimento e svuotamento delle aree interne della Sicilia. Con le banche spariscono scuole, ospedali e tutti gli altri servizi essenziali che continuano a concentrarsi nei grandi centri ma anche si smaterializzano utilizzando le nuove tecnologie. Solo che così si condanna a morte la periferia del Paese”.
Ai sindacati preme conservate i posti di lavoro, negli ultimi cinque anni in Sicilia da 12.122 lavoratori bancari si è scesi a 9.534, con una riduzione del 21,3 per cento e la perdita secca di 2.588 posti.
“Perché in questi anni – spiega Argurio – per 200 in uscita si fanno 16-20 assunzioni e molte sono di interinali che vengono assunti dopo anni di precariato. E adesso con la pandemia sta andando in sofferenza anche il comparto assicurativo che conta 3.500 lavoratori. Il Covid ha rafforzato le imprese ma indebolito i lavoratori, soprattutto giovani e donne. E lo smart working va modulato, regolamentato. Durante il lockdown i lavoratori non avevano “diritto alla disconnessione” con pratiche da evadere anche a tarda sera. E le donne avevano anche i figli a casa da seguire. Non può essere un modello per il futuro del lavoro bancario”.
La trattativa di Unicredit per l’acquisizione di Monte dei Paschi di Siena avrà il suo peso in una Sicilia.