La mafia investiva sui ristoranti del centro di Palermo, arrestati due prestanome

redazione

La mafia investiva sui ristoranti del centro di Palermo, arrestati due prestanome

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mercoledì 14 Aprile 2021 - 08:30

Il boss Giuseppe Calvaruso, arrestato a Pasqua di ritorno da un viaggio d’affari in Brasile, puntava a nuovi investimenti nel centro storico di Palermo.

Grazie a due insospettabili prestanome, i fratelli Giuseppe e Benedetto Amato, il primo è il titolare del ristorante Carlo V, che si trova nella bellissima Piazza Bologni.  “Quello che vogliamo fare insieme a te è creare veramente un impero – diceva Benedetto al boss e non sospettava di essere intercettato dai carabinieri del nucleo Investigativo – E poi consolidarlo, da campare di rendita”.

Calvaruso rispondeva: “Ci sono tutte le prerogative”. I fratelli Amato sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di intestazione fittizia aggravata dal metodo mafioso. La società che gestisce il ristorante Carlo V è stata sequestrata: le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, dai sostituti procuratori Dario Scaletta e Federica La Chioma hanno ricostruito gli ultimi investimenti di Calvaruso, capo del mandamento mafioso di Pagliarelli e manager in giro per il mondo. Sigilli anche per la società di ristrutturazioni edilizie “Edil professional”, per una Porsche Cayenne, una Range Rover sport e un gommone, anche questi beni di Calvaruso intestati ai due imprenditori.

Giuseppe Amato si lanciava in grandi lodi per l’amico boss appena uscito dal carcere: “Tu hai avuto quello che hai avuto. Diciamo che tu sei mancato… le persone come te mancano Peppe. Le persone perbene come a te mancano, Capito?”. Calvaruso era compiaciuto per tante lodi: “E lo so”. Amato ribadiva: “Le persone come te mancano. A noi ci sei mancato… Io, mio fratello siamo sbandati…ora ci sei di nuovo… abbiamo bisogno… perché sei una persona educata… una persona di fondamentale…di etica, di certi principi… Questo è il discorso. E purtroppo… bisogna sempre migliorare nella vita. Gli amici ci vogliono, Peppe”. Parole che valgono più di un trattato di sociologia criminale. Il boss Calvaruso, “una persona educata, di certi principi”.

Giuseppe Amato come il boss Calvaruso viaggiava molto: era rientrato a Palermo lunedì, da un viaggio d’affari a Lanzarote, nelle isole Canarie, dove voleva investire in un altro ristorante.

Il giorno di Ferragosto del 2017, il boss Settimo Mineo, l’anziano di Cosa nostra che stava ricostituendo la Cupola, fu pedinato dai carabinieri mentre andava a pranzo con la moglie al ristorante Carlo V. Fece il nome di Giuseppe Calvaruso: “Ci ha presentato un amico nostro”, disse. E la risposta fu chiarissima: “Signor Mineo non ci sono problemi”. Il pranzo fu offerto dalla casa. Per i magistrati ci sarebbe stato un “accordo segreto fra Calvaruso e i fratelli Amato – questo è scritto nel provvedimento del gip – finalizzato a realizzare investimenti comuni destinati ad accrescere la loro ricchezza personale”. Calvaruso era il vice di Mineo. Pagliarelli, clan della zona orientale di Palermo, puntava alla leadership nella riorganizzazione di Cosa nostra. Ma il progetto è stato fermato.

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