Domenico Centonze non è responsabile dell’omicidio dei tunisini Rafik El Mabrouk e Alì Essid. Stamattina, la Corte d’Assise d’Appello ha assolto il 45enne allevatore marsalese dall’accusa di duplice omicidio dei due nordafricani, di 31 e 34 anni, uccisi in contrada Samperi nella zona sud di Marsala, il 3 giugno 2015. In primo grado, il Tribunale di Marsala aveva condannato a vent’anni di reclusione i due imputati, i cugini Domenico e Pietro Centonze, mentre in Appello la condanna era stata confermata solo per il primo, mentre il secondo era stato assolto. A seguire, la Corte di Cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale contro l’assoluzione di Pietro Centonze ed accolto quella dell’avvocato Luigi Pipitone, legale di Domenico Centonze, decretando – esattamente un anno fa – l’annullamento della sentenza di condanna nei suoi confronti e l’immediata scarcerazione dello stesso, fino all’odierna sentenza di assoluzione.
Grande soddisfazione per l’esito del procedimento è stata espressa dall’avvocato Pipitone: “Dietro questa sentenza c’è un lavoro lungo e un’attività di riscontro scientifico che già dal primo processo d’Appello ha portato all’assoluzione di Pietro Centonze. Fin dall’inizio è apparso evidente che si trattava di un processo indiziario, che ha avuto un indirizzo diverso nel momento in cui è stato possibile utilizzare le intercettazioni dell’inchiesta Visir e le immagini registrate della telecamera di sorveglianza della Trattoria del Cavaliere, punto di passaggio per andare al night Las Vegas. A quel punto è risultato chiaro che le dichiarazioni rese dalla principale teste dell’Accusa mal si conciliavano con le evidenze probatorie”.
In un primo momento, l’accusa aveva ritenuto che i due cugini avessero ucciso Rafik El Mabrouk e Alì Essid dopo un violento diverbio avvenuto all’interno del locale tra Domenico Centonze ed El Mabrouk allorchè quest’ultimo si era fatto dare il numero di telefono dalla ballerina rumena che era in compagnia dell’allevatore marsalese. La difesa, invece, ha sempre insistito nel sostenere che i due cugini Centonze non si trovavano a Samperi nel momento in cui si consumò il delitto che, a distanza di quasi sei anni, risulta a questo punto impunito.