Manca ancora poco più di un mese alla fine dell’estate. Eppure la sensazione è che Ferragosto abbia segnato uno spartiacque tra la moderata spensieratezza e la crescente inquietudine. La stagione estiva è stata vissuta in maniera diversa: c’è chi, dopo le restrizioni del lockdown, ha ricominciato gradualmente a riappropriarsi dei propri spazi di libertà e chi si è buttato voracemente nella mischia come se avesse voluto recuperare con gli interessi l’isolamento dei mesi precedenti.
Da qualche giorno a questa parte, però, gli aggiornamenti quotidiani del Ministero della Salute stanno certificando ciò che in tanti avevano immaginato: la seconda ondata è una prospettiva reale e i prossimi mesi potrebbero rendere necessarie nuove restrizioni. Si è già cominciato l’indomani di Ferragosto con l’ordinanza del Ministro Speranza che ha previsto un nuovo stop alle discoteche e l’uso obbligatorio della mascherina dopo le 18. La sensazione è che altre ne seguiranno a breve e che la parentesi estiva sia assimilabile all’intervallo della ricreazione e che stia già per suonare la campanella che ci riporterà alle paure di qualche mese fa. I social sono già tornati a trasformarsi nella solita arena in cui ognuno dà la colpa a qualcun altro: un giorno agli immigrati, un altro a chi è andato in gita a Malta o in Croazia, o si è lasciato trascinare dal divertimento della movida. C’è chi vorrebbe l’esercito, chi si affiderebbe soltanto alla responsabilità individuale, chi continua a pensare che il Covid sia un’invenzione per sottrarre spazi di libertà alla popolazione. C’è anche chi prova a sdrammatizzare, immaginando una nuova caccia all’amuchina o al lievito per le pizze.
Poi c’è la vita reale. Che è fatta di asili, scuole e università che potrebbero non riaprire, di attività commerciali o imprenditoriali che potrebbero nuovamente chiudere, di elezioni che potrebbero subire un nuovo rinvio. Non ci vuole molto per comprendere come un secondo lockdown sarebbe una catastrofe economica e sociale per l’intero Paese, da qualsiasi punto la si guardi. Impensabile immaginare di rinchiudere nuovamente i bambini a casa, privandoli a tempo indeterminato degli indispensabili spazi di socialità. O di lasciare ancora gli anziani isolati per mesi, privandoli persino del conforto dei figli. Mi piace pensare che istituzioni e enti preposti abbiano già in mente un piano che riesca a conciliare la sicurezza sanitaria con questi altri importanti aspetti, facendo tesoro dell’esperienza vissuta da febbraio in poi. Resta però l’amarezza per qualche decisione avventata (soprattutto sul fronte dei trasporti) che alimenta non pochi interrogativi sul rapporto tra il potere politico e alcune importanti lobby. E poi, nel nostro microcosmo trapanese, rimane anche un po’ di sconcerto per l’ormai famoso progetto di ristrutturazione del vecchio San Biagio, che tra ottobre e novembre avrebbe dovuto regalare alla provincia un centro d’eccellenza per la cura delle malattie infettive, da adibire a Covid Hospital in caso di seconda ondata. Come si ricorderà, il sindaco Di Girolamo aveva rilanciato proponendo una destinazione diversa (il Campus Biomedico). Proprio ieri, l’assessorato regionale ha inviato una nota alla stampa in cui preannuncia investimenti per 120 milioni in tutte le province dell’isola. Ma di quel progetto, allo stato attuale, non c’è alcuna traccia.