Da tempo avverto e invoco la necessità
di far ragionare insieme le persone – di qualsiasi idea – che non
si rassegnano a questa deriva cui pare avviarsi la nostra
città.
Immaginare di rivivere il senso civico e la “marsalesità”
di una volta arreca una particolare forma di delusione, simile a
quella che si prova con certi vecchi film, che hai sempre pensato
fossero autentici capolavori finché non li hai rivisti. Sono
sconforti, questi, difficili da ammettere, perché tra l’altro non
hanno neanche la nobile tristezza delle vere delusioni, ma
semplicemente t’intossicano…
Dobbiamo contemporaneizzare il
nostro impegno: adeguarlo – cioè – agli anni e ai giorni che
viviamo, pure alla sensazione diffusa che opprime il presente del
dopo-virus, al disincanto del dopo-Alitalia e di una condizione reale
fatta di crisi economica tendente alla disperazione.
Smettiamola
con le nostre schifiltoserie intellettuali, abbandoniamo anche il
linguaggio da presunti acculturati: per adoperare, invece, quello
della gente normale. La maggior parte dei marsalesi, infatti, è
costituita proprio dalle persone che abitano le contrade e i
quartieri popolari. Proprio lì dove scarseggiano le buste-paga e le
certezze di futuro.
Abbiamo il dovere di far riavvicinare i
destini del centro con quelli delle campagne, degli spillàcchi
con i viddràni, degli operai con i borghesi.
E’ importante
– dopo il “distanziamento” anti contagio – attivare un
riavvicinamento sociale, recuperare la coesione, incanalare disagi e
indignazioni, trasformare in politica sincera e possibile il
malessere che serpeggia dovunque in questa comunità smembrata e non
armonica. Senza trascurare nessuno: né i fedelissimi, né il figliol
prodigo. Né chi ha votato a destra, né chi ha votato a sinistra,
men che meno chi non è andato a votare.
In tal maniera –
ricominciando a riscoprire ciò che ci unisce – si può vivere
meglio.
Ne abbiamo il dovere e le capacità . E anche il diritto!
Diego Maggio