Peppino farebbe

Vincenzo Figlioli

Marsala

Peppino farebbe

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mercoledì 08 Maggio 2019 - 07:05

Uno come lui, oggi, magari sarebbe in Parlamento. O sarebbe alla guida della Regione. E chissà se la storia siciliana non sarebbe stata diversa. Immaginare cosa avrebbe fatto da grande Peppino Impastato è un po’ come interrogarsi sulla piega che avrebbero preso le vite delle rock star morte da giovani. Sarebbero ancora sulle scene Jimi Hendrix e Janis Joplin? Jim Morrison e Kurt Cobain avrebbero abbandonato i loro gruppi per dedicarsi a una carriera solista, finalmente liberi dai loro fantasmi? O avrebbero lasciato la musica per la letteratura? Domande del genere costituiscono un esercizio curioso quanto inutile, a fronte di premature scomparse che hanno consegnato tanti, troppi nomi alla gloria dell’eternità.

Non sapremo mai, dunque, se l’elezione al Consiglio comunale di Cinisi, in quella primavera del 1978, sarebbe stata per Peppino Impastato la prima soddisfazione di una folgorante carriera politica o una tappa di un più articolato progetto di impegno civile incentrato sulla denuncia giornalistica e la partecipazione al dibattito pubblico. Magari farebbe ancora radio, magari tv, o più probabilmente sarebbe stato tagliato fuori dai grandi palcoscenici mediatici come tanti altri personaggi scomodi del nostro tempo e a noi toccherebbe leggerlo su qualche coraggioso sito di controinformazione locale. Quello che sappiamo con certezza è che il suo nome continua a richiamare da tutta Italia a Cinisi giovani che non erano nati nemmeno quando (nel 1999) usciva nelle sale “I Cento Passi” di Marco Tullio Giordana, il film che ha avuto il merito di rendere la sua storia patrimonio condiviso per almeno una generazione di giovani siciliani, che adesso hanno dato il cambio, in un’ideale staffetta, a tanti altri ragazzi che in questi giorni si preparano a visitare Casa Memoria e a partecipare alle iniziative organizzate intorno al 9 maggio, giorno del ritrovamento del cadavere di Peppino.

E’ a questi giovani che tocca raccogliere adesso l’eredità di chi ha consentito che quella storia non venisse archiviata come un trafiletto di cronaca. E’ a loro che tocca portare il nome di Peppino nelle loro vite, nelle loro città, contribuire alla liberazione di questo Paese dalla vecchie e nuove piaghe (mafia, corruzione, clientelismo, appalti truccati, traffici illeciti, diseguaglianze sociali, recrudescenze fasciste) realizzando compiutamente quello che i padri costituenti avevano immaginato per l’Italia: un’idea di Repubblica fondata sulla democrazia e l’uguaglianza di ogni cittadino di fronte allo Stato, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Come farebbe Peppino.

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