Da Palermo giungono notizie, non di certo molto confortanti, sui tempi che riporteranno la salma dell’ex Soprintendente ai Beni Culturali e assessore regionale Sebastiano Tusa. Tusa, come ricordiamo, è morto nell’incidente aereo del Boeing 737 MAX 8 in Etiopia il 10 marzo scorso assieme ad altre 157 vittime. La moglie Valeria Li Vigni, lo sta aspettando con dolore, perchè “solo allora troverò pace”, ha dichiarato. Li Vigni ha innanzitutto nominato Ludovico Gippetto, responsabile delle relazioni esterne per il Museo di Arte Contemporanea di Riso, come portavoce ufficiale: “Il mio supporto e sostegno da giornalista alla moglie Valeria Li Vigni è legato da una profonda e antica amicizia di famiglia ed in particolare con il compianto Sebastiano Tusa”, ha detto.
Al momento i familiari hanno in possesso delle foto del luogo del disastro aereo, scattate il 7 aprile. Parti del corpo e oggetti personali delle vittime sono ancora sparsi lì. Una scena inverosimile. Scarse informazioni che destano preoccupazione per quel che ci riguarda, sia per Tusa che per gli altri italiani coinvolti. Come afferma Gippetto: “Il sito avrebbe dovuto essere presidiato e adeguatamente recintato come richiesto dal protocollo, tutto avrebbe dovuto essere analizzato da professionisti per non contaminare alcuna prova, invece è diventato un free-for-all”. L’area del cratere è piena di rifiuti ed al momento è recintato con una recinzione precaria. Il processo, lento, di identificazione delle vittime si sta svolgendo a Londra. Si parla di tempi lunghi 6 mesi.
“Alcuni familiari delle vittime che hanno visitato il sito ci hanno detto che c’è molta resistenza da parte delle autorità locali – ha detto infine Gippetto -, come è stato confermato dal Presidente dell’organizzazione israeliana che si occupa del recupero dei corpi, Yehuda Meshi-Zahav. Faremo un appello al Presidente Mattarella”. La moglie di Tusa intanto, è propensa a non celebrare nessuna commemorazione fin quando non riceverà notizie concrete sul marito. Il portavoce del Ministero dei Trasporti in Etiopia, Musie Yehyies, ha dichiarato testualmente che “… gli scavi sono finiti, dal momento che abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno al momento”.