Sono giorni di canzoni e di calcio. Stasera si chiude il Festival di Sanremo e i calciofili si concentreranno sul campionato. Sono e restano due delle passioni preferite dagli italiani. Ma domani, quasi nel silenzio assordante dei media, ricorrerà il “Giorno del Ricordo”. Senza volere scrivere di eventi storici ed entrare nella loro “lettura”, è bene ricordare che che siamo nel settembre del 1943, nei giorni in cui nei territori italiani martoriati dalla guerra scoppia il caos: il maresciallo Badoglio, capo del governo italiano che era subentrato a Benito Mussolini, chiede ed ottiene l’armistizio da parte degli anglo-americani e unitamente al Re Vittorio Emanuele III e sua figlio Umberto (poteva lasciare a casa il pargolo?) fugge da Roma, lasciando l’Italia allo sbando. L’esercito non sa più chi è il nemico e chi l’alleato. Stiamo ancora con i tedeschi? Oppure i nemici di ieri, inglesi francesi, russi ecc, ora stanno con noi? Il dramma si trasformò in tragedia per i soldati abbandonati a se stessi nei teatri di guerra ma anche e soprattutto per le popolazioni civili. Tra di esse quelle Istriane, Fiumane, Giuliane e Dalmate a confine di quella che di lì a poco sarebbe diventata Jugoslavia. I residenti si trovano ad affrontare un nuovo nemico: i partigiani di Tito che avanzano in quelle terre. Erano spinti da una furia anti-italiana. Invasi, bombardati torturati e uccisi da un esercito nemico quello italiano e quello degli spietati suoi alleati tedeschi, i partigiani locali se la presero con tutto ciò che parlava italiano (più ad est con quanti parlavano sloveno e croato) e dalla giustizia che dovevano pretendere, passarono alla vendetta. In questo drammatico contesto storico, finirono uccisi in migliaia. Non tutti erano “innocenti”. C’erano ex gerarchi fascisti che fino a poche settimane prima si erano macchiati di crimini orrendi, c’erano collaborazionisti che avevano fatto i delatori denunciando un vicino che magari aveva la sola colpa di non avere voluto indossare la camicia nera. Ma c’era tanta gente che non si era macchiata di alcun crimine se non quello di vivere lì. In un a terra da almeno centocinquanta anni devastata da invasioni e annessioni. Furono uccisi per vendetta, i loro corpi martoriati e gettati nelle Foibe. Tutto cade nel dimenticatoio. La gente di quelle zone passò dall’Italia alla Jugoslavia, alcuni fecero la navetta, un giorno erano di quà e l’altro di là. Pensiamo che la la città di Trieste fu contesa fino al 1954, anno in cui definitivamente divenne italiana. Restano le responsabilità e i morti. Le responsabilità si chiamano governo fascista e Benito Mussolini da un fronte e Tito capo partigiano e futuro presidente della repubblica Jugoslava. I morti invece (come quelli della Slovenia e della Croazia), non solo rimasero senza nome, ma furono sdoganati soltanto decenni dopo. Intere nostre generazioni non conoscono la vicenda. Soltanto da qualche anno di celebra la Giornata del Ricordo. Poche righe sui libri di scuola e soltanto la curiosità di qualcuno che ricerca (oggi su Internet, ieri sugli scaffali di qualche libreria) per cercare di capire cosa accadde. Noi in queste nostre note vogliamo dare risalto e nome alla figura di Norma Cossetto, giovane studentessa istriana, laureanda all’Università di Padova, barbaramente violentata e uccisa dai partigiani titini, il suo corpo martoriato fu gettato nella foiba di Villa Surani. Chissà se qualcuno abbia voglia di andare a ricercare la sua storia e scoprire tante verità che ci hanno tenuto nascoste.
Giudiziaria