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“La mafia sia un tema prioritario per la politica”. Dall’aula bunker dell’Ucciardone l’omaggio ai caduti delle Stragi

Il ricordo di una delle pagine più drammatiche della storia nazionale e la riflessione sul ruolo della mafia oggi. Circa un migliaio di studenti provenienti da tutta Italia (compreso il Liceo Scientifico di Marsala) hanno gremito l’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo per tenere viva la memoria dei caduti delle Stragi di Capaci e Via D’Amelio. Mai come quest’anno la Fondazione Falcone e il Miur hanno voluto puntare su un ricordo comune del “coraggio dell’esempio” di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Numerosi i rappresentanti delle istituzioni e della società civile che hanno partecipato alla mattinata, sotto il coordinamento dei giornalisti Rai Franco Di Mare e Emma D’Aquino.

Ad aprire gli interventi è stata Maria Falcone, che ogni anno con la Fondazione che porta il nome del fratello fa in modo che il “vizio della memoria” si estenda alle nuove generazioni, perchè – come la stessa ha ricordato, citando Antonino Caponnetto – dopo le Stragi “c’era la paura che tutto il lavoro fatto potesse andare perduto”. “Stato e magistratura – sottolinea Maria Falcone – hanno fatto tanto in questi anni, così come la società civile”. Anche se resta il rimpianto per le parole di Paolo Borsellino: “Nel trigesimo della morte di Giovanni mi disse che avrebbe continuato il suo lavoro e che stava scoprendo tante cose, che purtroppo non sapremo mai”.

La Ministra Valeria Fedeli, da parte sua, ha rivendicato l’importanza di ripristinare, a partire dallo scorso anno l’esperienza della “nave della legalità”, che ha riportato tanti studenti a Palermo per rendere omaggio ai caduti delle Stragi. “Non è turismo dell’antimafia, come qualcuno l’ha definito, ma testimonianza di impegno”, ha sottolineato a riguardo Nando Dalla Chiesa.

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Nel corso della mattinata c’è spazio per il ricordo del maxiprocesso, che proprio nel’aula bunker dell’Ucciardone segnò quella che rimane una delle più grandi affermazioni nella lotta alla mafia. A presiedere la Corte, il giudice Alfonso Giordano, con Pietro Grasso giudice a latere e Giuseppe Ayala a fungere da pubblico ministero. “Un’esperienza che mi ha cambiato la vita”, ricorda Ayala che coglie l’occasione per dedicare un commosso pensiero agli amici Francesca Morvillo (“donna straordinaria”) e a Giovanni Falcone (“Continua a mancarmi da morire”).

Il presidente della Direzione Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, che da un lato ha insistito sull’indebolimento della criminalità organizzata rispetto al passato rivendicando per l’Italia “la migliore legislazione antimafia al mondo”; dall’altro, incalzato da Franco Di Mare, ha comunque riconosciuto che “se non se ne parla e non si mantiene l’indignazione, la mafia si rafforza”, invitando la politica a considerarlo un tema prioritario. Inevitabile la domanda sulla cattura di Matteo Messina Denaro, l’unico tra i grandi latitanti che continua a sfuggire alla cattura. “Lo prenderemo”, ha risposto laconicamentea il capo della Polizia Franco Gabrielli, consapevole che tanti, prima di lui, hanno dato la stessa risposta senza però riuscire ad avvicinarsi al traguardo.

Al suo probabile ultimo intervento da Ministro dell’Interno, Marco Minniti ha voluto dedicare un pensiero particolare agli uomini e alle donne delle scorte: “Non c’è nulla di più straordinario ed eroico che donare la vita per proteggere gli altri”. Poi ha ricordato che da Ministro ha firmato lo scioglimento di 37 Consigli comunali in 16 mesi (nel 2016 Alfano ne sciolse solo 8). “La mafia – ha sottolineato Minniti – a differenza di altre organizzazioni criminali, si distingue per il tentativo di costruire rapporto di intimidazione, interessenza con istituzioni e politica. Se non combattiamo rapporto tra mafia e politica, non sconfiggeremo mai le mafie. Sciogliere i consigli comunali è il primo livello per scardinare questo rapporto”. Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ha tracciato un bilancio del lavoro fatto in questi anni per rafforzare gli strumenti legislativi nel contrasto alla criminalità organizzata, evidenziando al contempo come, durante l’ultima campagna elettorale, “la questione sicurezza è stata affrontata con riferimento alla microcriminalità e all’immigrazione, ma non alla lotta alla mafia”. Il presidente della Camera Roberto Fico ha invece invitato le istituzioni a lavorare sulla cultura: “Occorre investire nelle scuole, nei servizi comunali, negli assistenti sociali, nella rigenerazione urbana”. Poi ha ricordato il “suo” 23 maggio: “Avevo quasi 18 anni. In quel momento dentro di me ci fu dolore e una scossa emotiva fortissima. Potevo decidere di lasciarmi sopraffare dal dolore o decidere da che parte stare. Ed è proprio quello che ho fatto”. Infine, Fico si è detto convinto che la maggioranza degli onesti sconfiggerà la minoranza che delinque.

Prima della chiusura, il toccante intervento di Tina Montinaro, da anni in prima linea per rivendicare pari dignità nella memoria a tutte le vittime di mafia, a partire dagli agenti delle scorte. “Non mi sento una vedova. Si è vedove quando un marito non c’è più. Mio marito (Antonio ndr) invece è ogni giorno con me, quando incontro gli studenti e parlo di lui”.

redazione

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