Fare il sindaco, di questi tempi, non è facile per nessuno. Ma in uno scenario già di per sé complicato, le vicende delle ultime settimane (elezioni politiche, mozione di sfiducia, crescenti tensioni con il Pd) costringono il primo cittadino Alberto Di Girolamo a doversi confrontare con una serie di nodi da cui dipende gran parte del futuro della sua amministrazione.
Che idea si è fatto del voto del 4 marzo?
E’ cambiata la geografia politica a livello nazionale. Ha vinto la coalizione di centrodestra, con la Lega che fa un salto imprevedibile. Hanno vinto i 5 Stelle, che sono stati il partito più votato. Ha perso il Pd, con tutto il centrosinistra, ha perso anche Forza Italia, che nel giro di pochi anni è passata dal 30% al 14%, mentre LeU e Fratelli d’Italia sono rimasti ai margini. In sintesi, i partiti che hanno governato negli ultimi anni hanno perso, mentre ha vinto il populismo o chi ha offerto più di quanto potesse mantenere. Ha vinto anche la paura del diverso, di ciò che è lontano da noi. Ma noi possiamo fare a meno dell’Europa o non tener conto del debito pubblico? Qualsiasi governo dovrà tenerne conto. Anche il M5S all’inizio sembrava contro l’Europa e poi ha assunto una posizione ondivaga. Tuttavia, la gente ha votato per loro e bisogna prenderne atto. Il centrosinistra aveva fatto tante cose di cui anche noi abbiamo beneficiato come amministrazione comunale, dal Reddito d’Inclusione agli interventi per le scuole. Tutto questo, però, non è stato percepito e il Pd è passato dal 40% delle Europee al 18%. Evidentemente la gente si aspettava di più e la sconfitta al referendum è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In quel momento Renzi e la Boschi avrebbero dovuto fare un passo indietro per un periodo più lungo. A tutto ciò bisogna aggiungere la distanza che si è creata con la classe operaia, i litigi con la base e i sindacati…
I risultati delle ultime due tornate elettorali hanno fatto venir meno quella filiera politica che vedeva il centrosinistra al governo su più livelli. Cambierà qualcosa per la sua amministrazione, in gran parte targata Pd, nell’interlocuzione con Roma e Palermo?
Forse. E’ pur vero che il centrosinistra ha messo a disposizione molti fondi per le infrastrutture al Sud a beneficio di tutte le città, non solo quelle di centrosinistra. Sta poi ai Comuni intercettare i fondi e noi, da quando ci siamo insediati, abbiamo intercettato tutto quello che è venuto fuori, attraverso un ufficio dedicato esclusivamente a questo. Solo così si può crescere. Allo stesso tempo, dobbiamo fare i conti con la lentezza della burocrazia regionale, che ha fatto tornare indietro molti fondi. Anche con Area Vasta e Agenda Urbana, noi siamo pronti da tanto tempo, ma i bandi regionali stanno venendo fuori adesso. La burocrazia è tremenda.
Ritiene che il voto del 4 marzo a Marsala fotografi anche una valutazione dell’elettorato lilybetano nei confronti della sua amministrazione?
Non mi sembra, il voto è sovrapponibile un po’ in tutta Italia. Purtroppo si è pagata l’eccessiva litigiosità. E quando ci si dimostra troppo litigiosi, finisce che la gente non vota né per l’uno né per l’altro.
A proposito di litigiosità, il pensiero non può non andare alla mozione di sfiducia, firmata anche da alcuni consiglieri di maggioranza, e all’ultima direzione in cui si è consumata quella che la segretaria Antonella Milazzo ha definito “una frattura gravissima”. Che ne pensa?
Penso che si sono mescolate cose diverse. In una direzione del Pd, subito dopo le elezioni, si dovrebbe discutere di com’è andato il voto, tenuto conto che siamo la quinta città della Sicilia. Si può fare meglio? Io sono stato eletto 3 anni fa dai cittadini per fare delle cose. Ci siamo ritrovati di fronte ai tempi della burocrazia regionale e la segretaria, che per 5 anni è stata all’Ars, li conosce benissimo, così come li conoscono certi consiglieri che sono a Palazzo VII Aprile da 15-20 anni. Sanno tutti quello che abbiamo trovato, quello che stiamo facendo e quello che lasceremo. Se ognuno di noi avesse lasciato progetti per il futuro, piuttosto che pensare alle cose immediate per ottenere qualche manciata di voti in più, le cose nelle regioni del Sud sarebbero andate meglio. Noi abbiamo una visione diversa. A tanti abbiamo detto di no, perchè io da sindaco non guardo alle tessere di partito. Nel passato probabilmente non era così e questa cosa sta dando fastidio. Se poi c’è un consigliere comunale che raccoglie firme per sfiduciarmi, non può dire che poi, in Consiglio, non la voterà. La politica è una cosa seria e il partito non può accettare una cosa del genere. Avrebbero dovuto dirgli di uscire. Va bene discutere, ma è giusto anche ricoscere che abbiamo portato la raccolta differenziata dal 35% al 55%, abbiamo portato a termine tante opere pubbliche incompiute o ne abbiamo riattivato altre, chiuse da tempo. Lo abbiamo fatto con pochi soldi. Poi ci sono le strade messe male, ma lo sono da tempo. Se vuole, il Consiglio comunale può trasferire i soldi da una parte ad un’altra, come ha fatto quando volevano sistemare tutta la via Salemi e loro hanno approvato un emendamento per utilizzare una parte di quei soldi per altre cose.
Come si può ricompattare la coalizione di maggioranza?
Lavorando, coinvolgendo, spiegando cosa vogliamo fare. Chiaramente, per me è difficile mettermi a discutere con chi raccoglie le firme per le dimissioni del sindaco. Vadano pure avanti se vogliono: dovessero avere i voti per approvare la mozione in Consiglio andremmo tutti a casa.
Mancano due anni alla fine del suo mandato. Ha già deciso se ricandidarsi?
E’ ancora troppo presto e troppo lontano. Anche nel 2014 non ci pensavo. Poi, dopo quello che è successo (le dimissioni di Giulia Adamo ndr), da segretario del Pd ho ritenuto giusto metterci la faccia. Dopo di che, ho vinto le primarie, ho ottenuto il 49% al primo turno e il 70% al ballottaggio. Per il momento penso ad amministrare la città, ci sono tante cose che mi vedono in prima fila, a cominciare dall’aeroporto. Sono troppo impegnato per pensarci adesso, poi si vedrà.