E’ iniziato davanti al Tribunale delle Misure di Prevenzione di Trapani il procedimento nei confronti del senatore di Forza Italia Antonio D’Alì. Si tratta della vicenda giudiziaria che all’indomani della presentazione delle liste per le ultime amministrative di Trapani si era concretizzata nella richiesta di soggiorno obbligato per D’Alì, da parte della Procura Distrettuale di Palermo. Il fatto nuovo di queste ultime ore è che la Dda ha chiesto di poter acquisire agli atti anche un’intercettazione in cui il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano cita una circostanza che potrebbe essere riconducibile al parlamentare trapanese. Nel corso di una conversazione con un altro detenuto, pare che Graviano abbia fatto riferimento a un senatore «D’Alìa» di Trapani che sarebbe stato strettamente legato a un latitante (Matteo Messina Denaro?). La difesa del parlamentare, rappresentato in aula dall’avvocato Arianna Rallo, si è riservata di replicare nella prossima udienza, già fissata dalla giudice Roberta Nodari per il 14 settembre.
Nel frattempo però l’avvocato Rallo ha ritenuto di dover inviare una nota alla stampa contenente alcune precisazioni. “L’udienza odierna non ha consegnato alcun elemento di novità rispetto al quadro probatorio chiaro e preciso delineatosi nei due gradi del giudizio di merito che si sono conclusi rispettivamente con una pronuncia assolutoria del Senatore Antonio D’Alì. La produzione del verbale riguarda l’intercettazione della conversazione intercorsa tra un ergastolano, sottoposto al regime del 41 bis e detenuto dal 1994 che, colloquiando con altro detenuto, si confronta sui problemi politico-economici del nostro Paese. Non viene affatto captato il nome del Senatore Antonio D’Alì, bensì quello di altri uomini politici rispetto ai quali residua molta confusione e imprecisione per i ruoli istituzionali ricoperti, i titoli conseguiti e il contesto territoriale di provenienza”.