“Seguite i soldi e troverete la mafia”, sosteneva Giovanni Falcone trent’anni fa, invitando le istituzioni a cambiare approccio nella lotta a Cosa Nostra e di mettere definitivamente da parte l’immagine dei boss “coppola e lupara”. In parte lo si è anche fatto, alzando nel tempo il tiro rispetto al passato e indagando sulla politica, sul mondo delle imprese e delle professioni. Eppure, soltanto ieri, per la prima volta, una banca è stata posta sotto amministrazione giudiziaria. La vicenda riguarda la Banca del Credito Cooperativo “Senatore Pietro Grammatico” di Paceco, le cui filiali sono presenti in gran parte del territorio provinciale (a Trapani, Napola, Marsala e Dattilo). Accogliendo la proposta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, il Tribunale di Trapani ha infatti disposto l’amministrazione giudiziaria, per sei mesi, per il suddetto istituto, che secondo gli inquirenti sarebbe gestito e amministrato da tempo da personaggi collegati alle famiglie trapanesi di Cosa Nostra.
In questi anni ci siamo sempre fatti molte domande, a proposito della facilità con cui molti soggetti hanno avuto la possibilità di accedere a crediti anche importanti a differenza di tanti cittadini comuni che invece si sono spesso visti negare piccoli prestiti, in quanto ritenuti incapaci di dare adeguate garanzie alle banche. Una contraddizione che da questa inchiesta potrebbe trovare risposte importanti e che sta destando grande impressione nell’opinione pubblica. Anche perchè si tratta di una delle banche maggiormente radicate sul territorio e tra le più propense a sostenere progetti di vario genere. A fronte alla comprensibile preoccupazione di tanti correntisti delle filiali della Banca del Credito Cooperativo di Paceco, vale la pena citare quanto affermato ieri nel corso della conferenza stampa tenutasi a Palermo da parte del procuratore capo Francesco Lo Voi: “Con l’amministrazione giudiziaria si rimetterà la gestione della banca in ordine, e in questo modo si tuteleranno principalmente i correntisti sani”. Una dichiarazione che dovrà adesso trovare la conferma dei fatti e che, al contempo, lascia pensare che un’altra grande maglia stia per aprirsi in Sicilia a proposito degli intrecci tra Cosa Nostra e il potere economico. Lungi da noi l’intenzione di voler fare del terrorismo giornalistico da quattro soldi: ma sarebbe quantomeno da ingenui immaginare che solo la Banca del Credito Cooperativo di Paceco fosse in affari con le famiglie mafiose trapanese.
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