Si è tenuta l’ udienza del processo che vede imputato Vito Cimiotta, Consigliere comunale di Marsala, ex PD ora transitato al Psi, difeso dagli avvocati Stefano Pellegrino ed Arianna Rallo. I difensori in una della scorse udienze “preliminari”, avevano sollevato una questione di legittimità con la richiesta di invio alla Corte degli atti. Richiesta che è stata respinta dal giudice monocratico, Lorenzo Chiaramonte. Il processo a carico di Vito Cimiotta, che di professione fa l’avvocato, prese il via dopo l’inchiesta avviata dalla procura di Marsala che ritenne di avere in mano prove sufficienti e non interpellò il Gup rinviando direttamente a giudizio il professionista lilybetano. Era emerso che Cimiotta prima elezioni amministrative avrebbe promesso un posto di lavoro nel bar dell’ospedale “Paolo Borsellino” a due suoi conoscenti disoccupati chiedendo loro in cambio voti di preferenza. Nell’udienza odierna dove la pubblica accusa è rappresentata dal pm Silvia Facciotti, sono stati sentiti Rosario Novena e Francesco Bruscino, soggetti che il Cimiotta ha da sempre definito come amici d’infanzia. I due testi sono ritenuti il cardine dell’accusa. Un po’ a sorpresa i due hanno rettificato le dichiarazioni rese al Pm, dando una spiegazione diversa di quanto dichiarato in fase di indagine. Il Novena ha affermato che è ha iniziato ad aiutare Cimiotta presso il proprio comitato nel marzo 2015 e che quindi già a quell’epoca aveva deciso di sostenere Cimiotta verso la conquista di una seggio a Palazzo VII aprile. La promessa del presunto posto di lavoro sarebbe nata dopo qualche mese, quindi completamente slegata dalla sua decisione di votare Cimiotta. Inoltre Novena ha dichiarato che il Consigliere comunale, secondo quanto a sua conoscenza, non aveva rapporti con i gestori del bar e che si sarebbe interessato per una sua eventuale assunzione invitandolo solo a produrre il suo curriculum, senza assicurare mai nulla. E’ stato poi ascoltato Francesco Bruscino, il quale ha dichiarato che anche in altri anni e lontano dal periodo elettorale Cimiotta si era interessato per lui con il quale ha rapporti di parentela. Proprio in virtù di questi rapporti, ha dichiarato in aula il teste dell’accusa, non aveva senso promettere un lavoro in cambio del voto, in quanto già tutta la sua famiglia, aveva deciso di votare per Cimiotta. Si è appreso anche che i locali utilizzati dal Cimiotta come sede de suo comitato elettorale, erano di proprietà dei familiari del Bruscino. Poi un mini colpo di scena, Bruscino ha dichiarato di non avere neppure votato per Vito Cimiotta e che lo avrebbe anche informato di questa sua decisione. Incalzati dal Pm che ne ha contestato le dichiarazioni relativamente al perché di questa difformità tra la fase d’indagine e le dichiarazioni rese in Aula, i due hanno dichiarato di essersi confusi e quindi di non essere riusciti a spiegare bene i fatti. Il processo è stato poi aggiornato al 14 novembre.
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