Quando nel mese di agosto del 1989 arrivai a Marsala per lavoro, mi recai al porto e fui subito colpita dal fatto che appariva così fatiscente da sembrare addirittura un’area da destinare a lavori di restauro. Il porto allora si presentava con due ingressi distanziati e separati da cantieri navali. L’ingresso principale accanto alla sede della capitaneria di porto e l’altro ingresso a poche centinaia di metri a nord conduceva all’antico e maestoso faro. Entrambi gli ingressi non avevano barriere se non dei cancelli arrugginiti in disuso e si poteva accedere liberamente. Da sempre innamorata dei fari mi recavo spesso ad osservare quello di Marsala e non passava inosservato lo stato di abbandono del molo e di tutta l’area circostante destinata in parte ai pescherecci e in parte a navi da carico. Sono passati 26 anni dal mio arrivo a Marsala e nulla purtroppo è cambiato. Il porto è sempre lo stesso, anzi peggio, la mancanza di interventi ha degenerato l’esistente conferendo un aspetto da incubo. In più il fondo non è più praticabile da parte delle navi perché si è riempito in questi decenni. Un porto per antonomasia rappresenta la ricchezza per un territorio in genere e soprattutto quello di Marsala, città a prevalente economia enoagricola e dove la valorizzazione delle risorse archeologiche e paesaggistiche è scarsamente attenzionata, potrebbe essere uno dei target per agevolare lo sviluppo economico e il turismo, tanto più che comprende nella sua parte a sud uno splendido porticciolo turistico. Se, come sembra, l’orientamento è di avere un polo peschereccio a Mazara del Vallo, un polo mercantile a Trapani e un polo turistico a Marsala, che ben venga, ma si parla tanto e nulla si fa, non solo ma il porto di Marsala non è nemmeno oggetto di sistematica manutenzione ordinaria.
Maria Grazia Sessa