Lo strumento della querela nei confronti dei giornalisti si conferma uno strumento molto utilizzato in Italia e in Sicilia. Proprio stamattina, la nostra redazione ha ricevuto una nota da parte del “Gruppo Bulgarella”, che annuncia, tramite gli avvocati Francesco Marenghi, del Foro di Pisa, e l’avvocato Enrico Pucci del Foro di Trapani, di aver depositato una circostanziata querela per diffamazione a carico di Rino Giacalone, direttore del portale Alqamah.it e collaboratore di diverse testate, oltre che referente del locale circolo dell’associazione “Articolo 21”.
La decisione di Andrea Bulgarella di promuovere un’azione legale contro il giornalista trapanese scaturisce da alcuni articoli, pubblicati sul periodico «S» e su alcuni siti online, in cui, secondo l’imprenditore trasferitosi in Toscana, si riportano “tra virgolette, attribuendole agli organi investigativi, frasi gravemente diffamatorie lesive dell’immagine personale di Bulgarella e del gruppo imprenditoriale da lui guidato”. Gli articoli a firma di Giacalone prendono spunto da un procedimento penale, avviato a carico anche di Andrea Bulgarella, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, nel quale lo scorso 8 ottobre 2015 sono stati eseguiti diversi provvedimenti di sequestro probatorio. Due settimane fa il Tribunale del Riesame di Firenze ha annullato i decreti di sequestro per carenza del fumus commissi delicti dei reati contestati, rilevando che «le fattispecie di reato ipotizzate appaiono tutt’altro che ben delineate» e, in ogni caso, che in relazione alle ipotesi di reato contestate «non appaiono ricorrere elementi congrui e coerenti che valgano a configurarne il fumus necessario a fondare» il decreto di perquisizione ed i conseguenti sequestri.
Nella nota inviata agli organi di stampa dal gruppo Bulgarella si legge: “Giacalone (che, per la, cronaca, ha alle sue spalle già un condanna per diffamazione, ed è attualmente sotto processo sempre per lo stesso reato) sul periodico «S» ha scritto: «Fu Andrea Bulgarella a vendere la calcestruzzi ericina al boss Vincenzo Virga». Circostanza falsa. Bulgarella non ha mai fatto parte della compagine azionaria della società Calcestruzzi Ericina. Sullo stesso giornale ha riportato, tra virgolette, una frase attribuita a un presunto «investigatore attento della provincia di Trapani», che avrebbe affermato, proprio in riferimento all’indagine fiorentina, che«quella che abbiamo davanti è la vera mafia…». E’ chiaro che un’affermazione così perentoria – “schermata” con il possibile elemento narrativo-retorico della pretesa fonte anonima – è oggettivamente diffamatoria, atteso che Andrea Bulgarella non ha mai ricevuto condanne per mafia, né gli investigatori lo considerano mafioso, e nemmeno emerge dal provvedimento di perquisizione una simile accusa. L’elemento diffamatorio più grave è contenuto sempre sul periodico «S», nell’articolo dal titolo «Andrea Bulgarella. Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, dove Giacalone, nel tratteggiare la figura di Luca Bellomo, scrive della sua «stretta vicinanza alla famiglia mafiosa di Trapani facente capo a Matteo Messina Denaro, a cui da tempo Bulgarella è legato da strettissimi rapporti». Ebbene, in nessun atto dell’indagine a carico di Bulgarella gli investigatori scrivono che egli sia «legato da strettissimi rapporti» con Matteo Messina Denaro”.
Chiaramente, toccherà al Tribunale esprimersi sulla vicenda. Per quanto ci riguarda abbiamo contattato il collega Rino Giacalone per una doverosa replica.
“E’ stato da parte mia condotto il legittimo esercizio di cronaca”, ha dichiarato il giornalista trapanese, annunciando a sua volta: “Procederò a querela in quanto non ho mai subito alcuna condanna per diffamazione”.
Ndr: Lo abbiamo detto e scritto tante volte, esistono tanti altri strumenti (a cominciare dal diritto di replica) per intervenire laddove si ritiene di essere stati danneggiati da un articolo non preciso o da un ricostruzione poco centrata. Siamo fermamente convinti che le querele contro i giornalisti dovrebbero essere limitate a casi in cui la volontà persecutoria nei confronti di un soggetto sia particolarmente grave ed evidente, o quando il ricorso agli altri strumenti sia inopinatamente negato dalle redazioni coinvolte. Tutto il resto ci sembra dettato più dalla volontà di imbavagliare i giornalisti che da quella di far prevalere una ricostruzione più accurata dei fatti. (V.F.)