Le primarie del Pd di Marsala sono ormai andate in archivio e dalle prossime ore si riprenderanno tanti discorsi che nelle ultime settimane erano stati interrotti e che verosimilmente ci accompagneranno fino alla vigilia della campagna elettorale. Della “festa democratica” ricorderemo sicuramente sicuramente la grande partecipazione popolare, più forte della grandine e di quel disincanto che altrove ha portato tanti elettori a disertare le urne. Il crimine più grande che si potrebbe adesso commettere, è tradire lo spirito di queste primarie e disattenderne le indicazioni più evidenti.
In questi mesi Alberto Di Girolamo ha puntato molto sulla discontinuità con la precedente amministrazione e su un perimetro di alleanze non troppo ampio. Si potrà concordare o meno, ma al di là di quello che pensano i dirigenti regionali o nazionali del partito, gli elettori marsalesi hanno dato un segnale. Vincere le elezioni è sicuramente importante. Ma serve a poco vincere se contestualmente non si pensa a quel che dovrebbe accadere dopo, quando il programma presentato ai cittadini dovrebbe trovare un’effettiva realizzazione. Se il Pd intende “cambiare la città” come ha più volte detto, non può pensare di farlo con chi, su una serie di questioni, la pensa in maniera diametralmente opposta. La città finirebbe per ritrovarsi in una palude, bloccata dai soliti veti incrociati, utili solo ad accrescere la visibilità di qualche consigliere comunale o di qualche segretario di partito. Si individuino quindi una decina di punti strategici rappresentativi delle reali emergenze del territorio e si verifichi se ci sono effettive convergenze. Prendiamo un tema a caso, la lotta all’abusivismo edilizio. Se un partito vuole sospendere le demolizioni e gli altri vogliono proseguire, che si fa? Si decide di non decidere? Telefoniamo a Crocetta? O si va a chiedere al segretario regionale Raciti? Saremo inguaribili romantici, ma i matrimoni d’interesse non ci hanno mai convinti. Magari assicurano una festa sfarzosa, ma poi presentano il conto. E se il conto da pagare a una coalizione “extralarge” prevede l’impossibilità di cambiare la città, è lecito chiedersi se valga davvero la pena presentarsi all’altare.