Ero ancora una bambina quando lui “su un uovo veniva da Ork”. Già allora, con quella tutina rossa e catarifrangente si era rivelato un genio. Anzi, era credibile come alieno proprio perché era un genio. La mia non vuol essere un’elegia pleonastica legata al fatto che Robin Williams è morto. Si sa che la morte migliora le condotte, come un filtro magico che cancella limiti e malefatte, ma per Robin non è così.
Io non ho certo gli elementi per giudicare, ma la sua “anima” bellissima e inquieta, in movimento, forse troppo grande per essere imprigionata in un corpo di carne, spesso sbrecciava dai suoi occhi veloci e azzurrissimi. Ricordo di esserci rimasta malissimo quando ho saputo dei suoi problemi di dipendenza, manifestati già durante le riprese di “Mork e
Mindy”. Tante cadute e tantissime risalite, guizzanti, come il suo essere istrionico e profondissimo. Un lutto per tutti la sua scomparsa.
Ma una riflessione vi chiedo di concedermela. Si parla di suicidio. È un’ipotesi che magari verrà suffragata dalle indagini, magari no. Ma se così fosse sarebbe l’ennesimo esempio di un grande che spezza la sua esistenza terrena. Una cosa appare certa. Robin non era felice. Secondo quanto riportato dai giornali americani di recente era caduto in depressione e aveva tentato di disintossicarsi dall’alcol. Non era nemmeno la prima volta. Eppure aveva tutto, si potrebbe dire osservando la sua vita apparentemente perfetta. Il pensiero va ad un altro genio scomparso in estate: Michaeal Jakson (25 giugno 2009), anche lui ammalato del male di vivere. E poi Norma Jeane, l’immortale Marilyn Monroe (5 agosto ‘62) e ancora la giovane Amy Whinehouse (23 luglio 2011). Mi fermo qui, ma potrei continuare, potrei farlo davvero a lungo. Un elenco di infelici persone speciali scomparse in estate. Chissà perché la bella stagione se li è portati via. Ricordo da studi sociologici fatti all’università che agosto, a dire il vero, è il mese dei suicidi.
Io credo che per soffrire bisogna essere intelligenti. Bisogna aver conosciuto la bellezza, senza essere riusciti a fermarla. Oppure è colpa dell’ansia d’infinito che spinge le anime grandi a vivere struggentemente sull’orlo del burrone, sentendo ogni giorno la brezza e l’ebbrezza che graffia il viso tanto a lungo che poi basta un insolito alito di vento per portarsele via. Per sempre. A noi restano i suoi eccezionali monologhi, la sua acuta umanità, i suoi sorrisi pieni e vissuti. Le sue lacrime vere.
Ciao Robin…siamo ancora qui, sul ciglio del burrone e cerchiamo di rimanerci, anche per te.
Chiara Putaggio