Come ogni anno, mi ritrovo a scrivere ad inizio autunno un editoriale sulla tardiva approvazione del Piano Triennale delle Opere Pubbliche e del Bilancio di Previsione. Un copione che si ripete ciclicamente, a Marsala come altrove, con l’inevitabile rimpallo delle responsabilità tra i diversi organi istituzionali. La giunte trasmettono le bozze ai Consigli comunali in ritardo, spiegando alla stampa che è la Regione a rallentare l’iter in quanto non fa sapere alle amministrazioni comunali a quanto ammonteranno i trasferimenti previsti per l’anno in corso. I consiglieri comunali analizzano con flemma le bozze trasmesse dalle giunte e “apriti, cielo!” se qualcuno osa chiedere di fare in fretta, perchè i bilanci sono atti importanti che vanno esaminati con la giusta attenzione. Nel frattempo la Regione, pur non avendo stanziato i trasferimenti ai Comuni, pensa bene di inviare i commissari ad acta e di prevedere un termine ultimo per l’approvazione dei bilanci da parte dei Consigli, minacciando di mandare tutti a casa nell’eventualità in cui le assemblee cittadine perpetuassero la propria inadempienza al di là della scadenza annunciata. Nel frattempo gli uffici comunali, ridotti all’osso dalla mancata sostituzione di dirigenti e funzionari andati in pensione (il famoso blocco del turn over previsto sempre da Stato e Regione), si ritrovano a gestire la quotidianità attraverso l’utilizzo dei cosiddetti “dodicesimi”.
E’ in queste condizioni, è bene saperlo, che operano i sindaci e le giunte comunali. C’è chi fa un po’ meglio e chi fa peggio, ma le condizioni generali sono proibitive. Tutto ciò, naturalmente, non deve diventare un alibi per giustificare ritardi e inadempienze. Ma l’impressione è che tanti rappresentanti della cosa pubblica, da alcuni anni a questa parte, si siano abituati a questo rimpiattino perenne tra enti, con il conseguente impoverimento dei servizi offerti alla città. I cittadini, dal canto loro, appaiono sempre più esasperati e meno pazienti. Reclamano giustamente il proprio diritto ad avere impianti di illuminazione funzionanti, strade pulite, scuole sicure, impianti sportivi efficienti, opere pubbliche completate. Naturalmente, non sempre mostrano nei loro comportamenti civici la stessa correttezza che reclamano da parte degli amministratori. Ma nemmeno questo può diventare un alibi.
Nei prossimi giorni sentiremo tante parole di speranza che ci faranno sembrare tutto abbastanza semplice: immaginare nuove opere pubbliche, collegamenti interprovinciali, ricette socio-economiche per far tornare i giovani trasferitisi al Nord o all’estero, nuovi codici etici antimafia, lotte senza quartiere contro gli sprechi. Sentiremo vecchi volponi e neocandidati riempirsi la bocca delle potenzialità siciliane inespresse, dello Statuto regionale da attuare pienamente, della necessità di investire su cultura e turismo. Diranno più o meno tutti le stesse cose per dare un contentino agli elettori di ogni età. Sarà difficile orientarsi in questa baraonda di parole, promesse e speranze. A meno che, per una volta, non si decida di guardare all’unica bussola davvero in grado di condurci fuori dal caos: la biografia dei candidati, filtrata attraverso il rapporto con il bene comune. Perchè sono le azioni, più che le parole, a raccontare chi siamo realmente e quanto fiducia meritiamo.