ONG

Gaspare De Blasi

Marsala

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venerdì 12 Maggio 2017 - 08:03

Quante volte abbiamo sentito i politici, scrupolosamente di tutte le colorazioni politiche, affermare che la soluzione ai problemi legati allo sbarco dei migranti (alla tragedia meglio dire, visti i morti che si susseguono) è quella di aiutarli nei loro Paesi d’origine. Ora noi, come “importatori” d’aiuti abbiamo una storica tradizione. Si va dall’Eritrea alla Libia, passando dal nulla. Ci riferiamo agli aiuti di Stato, perché di volontari capaci e di organizzazioni che operano nel sociale, l’Italia non è seconda a nessuno. Se credessimo di avere o di avere avuto governi capaci di ascoltare, suggeriremmo di prendere in considerazioni analisi svolte, sul fenomeno, da Link 2007, uno dei principali network di ong italiane.

La teoria che ripetiamo si fonda su analisi approfondite (ma possono essere sbagliate, naturalmente), sostiene che a raggiungere le nostre coste sono i giovani e gli appartenenti al ceto medio che hanno possibilità economica di spendere 5000 mila dollari per inseguire il sogno europeo. Paradossalmente afferma questo studio, aiutarli con interventi economici sul luogo di provenienza, significa aumentare il numero di chi potrà permettersi il viaggio. Sembra un po’ strano, ma gli studiosi hanno anche individuato una soluzione: “Si tratta di giovani – afferma lo studio – che hanno la possibilità di finanziare il proprio viaggio, non coloro che vivono con i famosi due dollari al giorno. Rappresentano una potenziale risorsa. Per questo si dovrebbe favorire un’emigrazione circolare: accoglierli con l’obiettivo di dare loro basi conoscitive ed economiche da reinvestire nei Paesi di provenienza.

Se non lo facciamo, Stati come il Congo, la Nigeria o l’Etiopia rischiano di esplodere”. Ma i progetti di sviluppo locale, continua la ricerca, sono comunque preziosi perché da un lato “disincentivano le migrazioni verso l’esterno del continente”, dall’altro “stimolano al rientro chi è già in Europa: per questo bisogna lavorare nei paesi di destinazione, per incentivare l’imprenditoria. Lo sviluppo serve sul lungo periodo, meno sul breve”. A noi convince il risultato dell’analisi. Anzi proponiamo a chi ci governerà di utilizzare un tecnico del settore come ministro. Chi lavora ed è esperto di un settore può solo aiutare il Paese. (Lo sappiamo, ci sarebbe il caso del ministro Giuliano Poletti che da presidente della LegaCoop è stato chiamato come tecnico al ministero del lavoro. Ma non si può avere tutto nella vita…)

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