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La politica che non decide

La storia insegna che i territori che crescono maggiormente sono quelli in cui esiste una classe dirigente che abbia una visione del futuro. E che all’interno di quella visione riesca a far convergere scelte coerenti, capaci di creare un’identità, intorno a cui ruotano gran parte delle scelte politiche, amministrative, economiche e sociali.

Ovviamente, è necessario che si parta dai grandi temi. Una località costiera, come Marsala, ad esempio, ha il dovere di scegliere che rapporto avere con il mare. Negli anni ’70 e ’80 si è scelto di lasciare che i privati costruissero a pochi passi dalla spiaggia, creando insediamenti iperaffollati, con una densità abitativa che nella stagione estiva somiglia a quella del Bangladesh. La comodità di quella generazione, che ha potuto godere per anni di un accesso al mare privilegiato ha condizionato il futuro delle generazioni successive, che hanno dovuto fare i conti con l’erosione costiera, che ha ridotto le spiagge a fazzoletti di sabbia, in cui – nelle giornate festive – si fa fatica a piazzare un piccolo ombrellone o a parcheggiare un’auto nelle stradine limitrofe. Sul fronte dello Stagnone, negli ultimi anni, si è verificato un fenomeno simile. La politica ha fatto finta di non accorgersi dell’aumento repentino di scuole di kite e locali sorti sul litorale nord, anche qui con numeri difficilmente conciliabili con i delicati equilibri di una Riserva. Da tutto ciò deriva un problema urbanistico e ambientale non di poco conto, su cui tanti sono intervenuti in questi mesi e che, inevitabilmente, influirà sulla direzione che la città prenderà nei prossimi anni. Così, anche qui, qualcuno auspicherà una sanatoria totale, che regolarizzi l’esistente e qualcun altro farà il tifo per un ritorno al passato che azzeri tutto.

Comunque la si pensi, c’è un ulteriore aspetto, spesso trascurato ma non meno importante e che riguarda la tenuta civile della nostra comunità. Tra i vari danni che fa “la politica che non decide” c’è anche quello di frantumare pezzo dopo pezzo l’idea di coesione sociale che invece dovrebbe essere tra i suoi maggiori obiettivi. “Dividi et impera”, proclamavano i romani e qualcuno evidentemente continua a pensarla così, immaginando di prendere in blocco i voti dei portatori di interessi privati: che ieri erano i beneficiari delle case abusive sul litorale sud e domani potranno essere i gestori dei locali o delle scuole kite che si affacciano sulla laguna dello Stagnone.

Sembra già di immaginare gli scontri dialettici della prossima campagna elettorale, in cui qualcuno – giustamente – ricorderà che siamo una delle province più povere d’Italia e che, pertanto, dovremmo sostenere i privati che cercano di investire e creare lavoro. E qualcun altro – altrettanto giustamente – dirà che non si può trattare lo Stagnone come se non fosse una Riserva.

Con le dovute differenze, sembra di risentire gli echi del dibattito sul Petrolchimico di Priolo o sull’Ilva di Taranto. Vicende che dovrebbero averci insegnato che indurre i cittadini a scegliere tra occupazione e tutela ambientale è una logica ingiusta (e per certi versi criminale), che andrebbe contrastata in ogni modo.

Vincenzo Figlioli

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