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Riappropriarsi della Liberazione

Domani è il 25 Aprile. La Festa della Liberazione dal nazifascismo. Una giornata che dovrebbe essere patrimonio condiviso, ma che continua a suscitare polemiche. L’ultima, in ordine di tempo, riguarda la censura allo scrittore Antonio Scurati, che avrebbe dovuto leggere su Rai Tre un testo sul delitto Matteotti, il fascismo e la sua eredità. Come spesso accade, anche su questa vicenda ci sono state varie ricostruzioni e persino la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è sentita in dovere di intervenire, in maniera alquanto provocatoria. Verosimilmente, più per la parte in cui Scurati la chiamava direttamente in causa (“ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista”) che per il resto. Probabilmente, però, non sono soltanto i rappresentanti politici della destra a non aver fatto del tutto i conti con il fascismo, ma ampi pezzi della società italiana. Per cui, in vari ambienti, da anni si continua a proporre una narrazione che ridimensiona sia il valore della Resistenza che i crimini del fascismo, finendo per anestetizzare il senso di questa ricorrenza anche agli occhi delle giovani generazioni.

E, invece, il 25 Aprile dovrebbe essere quello che il 14 luglio è per i francesi o il 4 luglio per gli americani: una data di cui andare orgogliosi, a prescindere dalle beghe politiche del presente. Senza dimenticare, per quanto riguarda la nostra terra, il coraggioso contributo che tanti siciliani seppero dare alla Liberazione. Del resto, erano stati gli stessi padri costituenti a indicare la rotta, nel momento in cui scrissero la nuova Carta Costituzionale: liberali, popolari, repubblicani, socialisti e comunisti avevano idee molto diverse tra loro sul concetto di proprietà privata, sulle autonomie locali o sui servizi pubblici. Ma il collante antifascista era così forte da favorire la capacità di trovare una sintesi tra loro. Constatare che quel collante si è progressivamente sfilacciato negli anni seguenti è, probabilmente, la più grande sconfitta per quella generazione illuminata.

A chi c’è oggi tocca la responsabilità di ripristinare quei valori condivisi, nella forma e nella sostanza, scongiurando il rischio di rivivere una storia fatta di diritti e libertà negate per cui nessun cittadino vissuto in uno Stato democratico dovrebbe provare la minima nostalgia.

Vincenzo Figlioli

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