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Non è una terra per giovani

Lo abbiamo scritto tante volte sulle nostre testate e, purtroppo, ci ritroviamo a ribadirlo: la Sicilia è sempre meno una terra che assicura condizioni adeguate ai giovani che vorrebbero rimanere (o farvi ritorno). In molte occasioni ci siamo soffermati sul problema dello spopolamento, che ogni anno priva le regioni meridionali dell’equivalente di un paese di 20 mila abitanti. Al di là di qualche meritevole iniziativa, nella maggior parte dei casi questo fenomeno viene affrontato poco o male, lasciando che l’emorragia delle menti più giovani e brillanti prosegua. Nella maggior parte dei casi, rimane chi ha tutto (per questioni ereditarie) o chi non ha nulla.

Chi prova a restare, talvolta contro ogni logica, si ritrova un sistema tendenzialmente chiuso, in cui le porte si aprono solo in virtù dell’appartenenza o della disponibilità ad essere funzionale al sistema. Accade così che chi gestisce il potere utilizzi quei pochi giovani che rimangono come un gregge da tenere in sospeso tra promesse e precariato o come un bancomat per i propri affari. La conferma a tale sensazione arriva dal “Bosnia Gate”, che ha visto numerosi ragazzi siciliani iscriversi a una serie di corsi di specializzazione e master gestiti dal Dipartimento “Jean Monnet” con la speranza di potersi garantire una via d’accesso a diverse professioni, soprattutto in ambito sanitario. In realtà, grazie a un’inchiesta della redazione palermitana di Repubblica, sta venendo fuori che tale dipartimento non era accreditato presso il Ministero della Ricerca e che, dunque, ci si troverebbe davanti a un’autentica truffa organizzata. Destinata ad allargarsi ulteriormente, la vicenda nasce a Palermo ma trova ulteriori ramificazioni in altre province siciliane, tanto che nella giornata di mercoledì abbiamo appreso di una perquisizione della Guardia di Finanza presso uno studio professionale di Marsala, gestito da un soggetto (Alessio Culotta), considerato prestanome di Salvatore Messina, a sua volta individuato come l’ideatore della macchinazione.

Comprensibile la delusione e lo scoramento di questi ragazzi e delle loro famiglie di fronte a quanto sta emergendo in questi giorni. Ma i settori della formazione, dell’istruzione e della sanità hanno mostrato in questi anni tante, troppe sacche di ambiguità, certificate da puntuali inchieste giudiziarie che hanno coinvolto manager, rettori e faccendieri, col risultato che quei settori che avrebbero dovuto contribuire a tenere attivo l’ascensore sociale a beneficio del progresso economico e civile dell’isola sono stati i principali custodi della conservazione e dello status quo, alimentando – forse più delle mafie – quel senso di irredimibilità e sconfitta che ha portato sempre più i giovani del Sud a lasciare la propria terra per cercare altrove condizioni di agibilità per seguire i propri sogni e mettere a frutto i propri talenti.

Vincenzo Figlioli

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