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Un piano serio per l’erosione costiera

Qualche mese fa, la strada che porta fino ai lidi del versante sud di Marsala, è stata interessata da una profonda voragine. Quel tratto, lungo la SP 84, è stato transennato per la sicurezza della viabilità. Ma la vicenda è il più classico “oltre il danno, la beffa”, un luogo comune che ben racconta due anni di lavori nel Lungomare Mediterraneo per cercare di salvaguardare la costa dall’erosione costiera e dalle mareggiate con conseguente invasione di posidonia in strada che, quando piove o fa maltempo, si mischia ad una patina acquitrinosa pericolosa per i mezzi che attraversano il tratto.

Il Libero Consorzio si attivò per avviare e terminare i lavori prima possibile, anche se passarono diversi mesi prima della conclusione. A due anni di distanza arriva la beffa di cui parlavamo, la carreggiata rimessa a nuovo è sprofondata perchè l’erosione si è mangiata, letteralmente, la porzione di costa nella parte sottostante, tant’è che dal buco si vede chiaramente il mare. Cosa che potrebbe capitare anche nell’area più a ridosso di Capo Boeo, che è al momento vietata ai pedoni (ma non ai mezzi e speriamo che vada tutto per il meglio). Da alcuni giorni sono stati avviati i nuovi lavori per chiudere la voragine, in buona sostanza.

Gli interventi godono di una copertura prevista dalla Legge Finanziaria Regionale per il Libero Consorzio di Comuni competente e dovrebbero essere ultimati prima dell’inizio della stagione estiva. Ma dopo che verrà sistemata questa buca, cosa accadrà? Il problema quasi sicuramente si riproporrà, perchè non è un frangiflutti posizionato meglio e neppure una buca sistemata che risolverà il fenomeno dell’erosione costiera. Per trovare una soluzione ci vuole un tavolo tecnico di professionisti che si riuniscano per degli studi di progettazione al fine di riconsiderare la costa marsalese in un’altra prospettiva, partendo dai bassi fondali, solo così si può arginare l’erosione.

Sappiamo che la zona dei lidi di Marsala, così come le coste siciliane e non solo, sono state interessate nei decenni precedenti dalla cementificazione selvaggia che, abbinata alla crisi climatica hanno giocato un ruolo decisivo per la consumazione del suolo costiero. Una possibile soluzione potrebbero essere le barriere frangivento a protezione delle spiagge sabbiose nonchè la rimozione o la riprogettazione delle strutture rigide esistenti sull’arenile. Un altro ‘sistema’ forse più naturale per il nostro ambiente marino, è quello di sfruttare al meglio la posidonia, pianta acquatica che, se trattata come previsto dai regolamenti internazionali ed europei sulle specie protette volte alla conservazione degli habitat naturali, combattono l’erosione ad esempio con la creazione di dune alte fino a 2 metri che forniscono tra l’altro elevate quantità di nutrienti alla flora e alla fauna circostante. 

Claudia Marchetti

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