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A che ora è la fine del mondo

No, non è un momento buono per gli abitanti del pianeta Terra. Flagellata da minacce come la recente pandemia, fustigata da decine di guerre endemiche, sconvolta da enormi cambiamenti climatici e tallonata da un’inarrestabile deriva tecnologica, la specie umana si prepara ad affrontare i prossimi decenni, portando sul groppone una serie di incognite che metteranno a serio rischio la vita come finora l’abbiamo conosciuta sulla terra. E non tanto per l’imminente minaccia di una drammatica estinzione dell’uomo. Non solo, per lo meno.

Secondo le stime dell’Onu la popolazione mondiale, pari oggi a 8 miliardi di anime, dovrebbe aumentare toccando il culmine attorno al 2100, quando raggiungerà il picco degli 11 miliardi. A meno di future incontrollabili pandemie, o di imponderabili asteroidi giganti in rotta di collisione con la terra (sono concessi i più svariati gesti apotropaici), l’uomo sembra dunque destinato a sopravvivere. Ancora per qualche centinaio di anni, almeno. Se ne facciano una ragione i suoi detrattori. Certo, ma a quale prezzo? Alto, anzi altissimo.

Senza voler sembrare troppo catastrofisti, nei prossimi decenni l’uomo sarà impegnato a far fronte ad una serie di emergenze legate all’inarrestabile tendenza alla sovrappopolazione. Diretta conseguenza di ciò sarà un sempre più limitato accesso alle risorse del pianeta: acqua, cibo, aria, spazi abitativi. Tutto sarà limitato e verosimilmente contingentato. La folle corsa all’approvvigionamento delle risorse, si accompagnerà verosimilmente, ai già gravissimi problemi di inquinamento e alla conseguente patata bollente dello smaltimento dei rifiuti. La costante tendenza alla desertificazione delle zone equatoriali e subequatoriali del pianeta, spingerà la popolazione a rifugiarsi nelle zone più miti dove gli eccessi del caldo non consentiranno più il normale sviluppo dell’esistenza. A questi si associeranno nuove problematiche figlie dei tempi moderni: il rapporto dell’uomo con l’Intelligenza Artificiale, che non tarderà prima o poi a presentare il conto sia dal punto di vista etico e morale, che da quello strettamente occupazionale.

Sembra una vita fa quando Kubrick con il suo Odissea 2001 nello Spazio (1968) ci colse impreparati, invitandoci a riflettere sulle conseguenze che avrebbe potuto scatenare un Computer, Hal 9000, nel caso si fosse sostituito alle decisioni dell’essere umano. Per decenni ci siamo chiesti cosa sarebbe potuto succedere se l’uomo nella sua corsa verso l’ignoto non avesse disattivato per tempo l’Intelligenza Artificiale. Ed eccoci arrivati adesso a quel crocevia. Catapultati dentro ad uno scenario ormai reale, in cui l’uomo, sulle ali della nuova tecnologia Chatbot, si serve di robot capaci di sviluppare una propria intelligenza, sostituendosi in parte o in tutto al suo lavoro. I rischi? Tanti: privacy e sicurezza dei dati, perdita di posti di lavoro, catastrofi legate all’automazione delle guerre, depersonalizzazione o disfunzioni gravi dei processi cognitivi… Lungi dal demonizzare il progresso, non si tratta qui di mettere in dubbio i vantaggi dell’Intelligenza Artificiale e l’ampia varietà dei suoi campi di applicazione (specie in medicina). Tuttavia, i rischi ci sono e sono fin troppo evidenti. Non a caso, qualche settimana fa è stata diffusa una lettera da parte di un’organizzazione no profit, sottoscritta da un migliaio di scienziati, con un preciso invito ai governi ad evitare il tanto temuto scenario “Terminator” che l’Intelligenza Artificiale potrebbe causare. D’altra parte la Storia ce lo insegna e, dal momento che l’uomo sembra fatto apposta per non smentirsi mai, è sempre meglio prepararsi al peggio. Almeno che …non si opti per un veloce processo di estinzione. E allora, tutto fa brodo.

Gianvito Pipitone

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