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Medici obiettori e aborto, dal “caso di Marsala” al disegno di legge di Safina

Era partita da Marsala, qualche anno fa, la battaglia a tutela delle donne sul fronte del diritto all’aborto e di tutto ciò che questo può comportare. Nel settembre del 2020, con una crisi pandemica in corso, non ci siamo tirati indietro nel parlare e approfondire la tematica del diritto all’aborto, perchè è un diritto regolato dalla legge 194/1978, la stessa che però prevede la possibilità dei medici che prestano servizio negli ospedali, di scegliere l’obiezione di coscienza, ovvero il rifiuto ad esercitare l’aborto volontario.

Dall’intervista che emerse dalle nostre pagine con la medico marsalese Anna Caliò, specialista in Medicina Interna e Sessuologia Clinica, all’ospedale “Paolo Borsellino” i medici sono tutti obiettori. Quindi – almeno fino al 2020 – si trattava del 100%. Anche “La Repubblica” richiamò l’allarmante dato in un articolo che fece un certo scalpore.

Si parlò, nello specifico, di aborto volontario e spontaneo, quando a Marsala il passato Consiglio comunale approvò un discutibilissimo e alquanto ributtante Registro dei Bambini mai nati, ovvero una lista che poteva mettere a repentaglio anche la privacy, contenente i prodotti abortivi che poi sarebbero stati seppelliti in una parte del Cimitero urbano.

A Marsala però, fu un falso problema perchè l’aborto tuttora può essere solo spontaneo e non volontario. Una donna che vuole abortire, per qualsivoglia motivo, volontariamente, deve farlo in una struttura sanitaria di Erice. In Sicilia, i medici obiettori sono circa l’80%, seguendo la media nazionale.

Poi quel Registro venne annullato dal Massimo Consesso Civico subentrante. Ma il problema degli obiettori di coscienza è rimasto come è rimasto il problema etico sulla tematica. Ancora ci sono forti scontri tra le frange più cattoliche e quelle più aperte ad una modifica ancora meno rigorosa della legge 194, che dà la possibilità, come abbiamo detto, ai medici di rifiutare la pratica dell’aborto.

Dario Safina

L’argomento oggi torna in auge con il deputato regionale trapanese Dario Safina che, raccogliendo le esigenze del territorio in cui è stato eletto – malumori sentiti in tutta l’isola – ha presentato un apposito disegno di legge atto a regolamentare la complessa norma sulle assunzioni di personale medico non obiettore di coscienza nelle aziende sanitarie siciliane.

Dalla Relazione del Ministero della Salute relativi all’offerta del servizio di Interruzione Volontaria della Gravidanza e sull’obiezione di coscienza – afferma Safina – si registra un’evidente variabilità fra le Regioni italiane. In termini di strutture disponibili sulla percentuale di stabilimenti con reparto di ostetricia e/o ginecologia in cui si pratica IVG – il dato regionale registra la percentuale del 54,4% contro la media nazionale del 63,8%, 9 regioni italiane mostrano dati maggiori al 70%. Per non parlare dell’elevato numero di obiettori di coscienza per tutte le categorie sanitarie e soprattutto per i ginecologi, che in Sicilia sono l’81,6%, gli anestesisti il 73,1% e il personale non medico l’86,1%”.

“Questo disegno di legge – spiega il deputato – intende prevedere l’istituzione di Unità operative semplici per l’Interruzione Volontaria di Gravidanza in seno alle Unità operative complesse di Ginecologia ed Ostetricia, nonché la contestuale indizione di procedure selettive dedicate all’assunzione di personale sanitario non obiettore. Fondamentale appare la specifica prevista all’articolo 3 del ddl con la quale, entro 180 giorni dall’approvazione dell’atto aziendale, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, le aziende sanitarie e ospedaliere sono chiamate ad avviare le procedure selettive volte all’assunzione di personale sanitario non obiettore. I bandi di concorso specifici devono prevedere la risoluzione del contratto di lavoro nel caso in cui il personale non obiettore assunto si dichiari obiettore, secondo le modalità di cui all’art. 9 della L. 22 maggio 1978, n. 194”.

Insomma, una quota deve essere non obiettore e deve essere assegnata a Day Hospital, Day Surgery e nei reparti di ostetricia e ginecologia degli ospedali. Potrebbe essere, se passa all’Ars, una rivoluzione volta a tutelare i diritti di tutte le donne, principalmente delle giovanissime. 

redazione

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