Nei primi capitoli dei libri di economia si trova la canonica distinzione tra bisogni primari e secondari. Dai primi (mangiare, curarsi, avere un tetto sulla testa) dipende la nostra vita, dagli altri – che riguardano la sfera delle nostre passioni – passa gran parte della nostra felicità. Così, in una città in cui i problemi non mancano, fortunatamente la chiusura di una sala cinematografica fa ancora notizia e suscita stupore e dispiacere. Di fronte alle saracinesche chiuse del Cinema Centrale, tanti appassionati della Settima Arte hanno manifestato il proprio disappunto sui social nel corso del week end. Il caso poi ha voluto che tutto ciò accadesse mentre il cinema hollywoodiano stava per rinnovare il tradizionale rito della notte degli Oscar, premiando con le ambite statuette i migliori film della stagione. In effetti, risulta difficile comprendere come una città di 80.000 abitanti possa ridursi ad avere soltanto una sala cinematografica. Era già accaduto durante gli anni ’90, quando l’offerta era limitata al Golden e (per gli amanti del genere) a una sala a luci rosse per anni attiva a Strasatti. Ma in passato la proposta marsalese era decisamente più ricca, come ricordano i più grandi che hanno avuto modo di assistere alle proiezioni del Bellini, del Popolo, dell’Impero o dell’Arena Odeon.
Così, nell’auspicio di trovare risposte agli interrogativi dei nostri lettori, abbiamo approfondito la questione, ottenendo notizie rassicuranti: il Centrale riaprirà i battenti prima dell’estate, con una nuova gestione. Naturalmente, restano le difficoltà di un settore trovatosi a fronteggiare negli ultimi anni la nuova concorrenza delle piattaforme in streaming, che a un prezzo contenuto consentono di vedere film di recente uscita con prezzi contenuti. Tuttavia, agli occhi degli appassionati la magia del cinema continua ad esercitare un fascino innegabile: ci sono generazioni di bambini che hanno imparato a volare sulle ali dell’immaginazione grazie ai film della Disney, adolescenti che hanno imparato a esorcizzare la paura con i primi horror o si sono scambiati i primi timidi baci di fronte alle pellicole più romantiche, comitive di amici che hanno condiviso sorrisi e risate con le commedie più divertenti, studenti che hanno imparato la storia, l’arte, la letteratura e la politica attraverso le opere di maggiore impegno civile.
Andare al cinema resta un’esperienza unica e un trionfo della condivisione in un tempo in cui prevale l’isolamento. E’ impensabile che tutto questo possa finire e, del resto, l’avvento della fotografia non ha ucciso l’arte pittorica, il cinema non ha fatto chiudere i teatri e la tv non ha decretato la scomparsa della radio. Ogni strumento di rappresentazione della vita (con i suoi sogni e i suoi incubi) ha mostrato nel tempo la capacità di rigenerarsi. Accadrà anche al settore cinematografico, che peraltro – dati alla mano – non sta neanche peggio rispetto a una decina di anni fa. Però, come ad un parente o un amico, non basta volergli bene a distanza. Al cinema bisogna anche andare, contribuendo, seppur in piccola parte, a trasferirne la magia da una generazione a un’altra.