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Mozia, l’Unesco e Lino Banfi

Dici Sicilia e pensi alla cultura. Possiamo vantare due premi Nobel per la letteratura (Quasimodo e Pirandello) e una varietà di autori che comprende Verga, Sciascia, Consolo, Bufalino, Tomasi di Lampedusa, Vittorini, Brancati e Camilleri (solo per citarne alcuni). Abbiamo sette siti (lo stesso numero dell’intero Egitto) che sono stati proclamati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità: la Valle dei Templi, la Villa del Casale, le isole Eolie, la Val di Noto, Siracusa con la necropoli rupestre di Pantalica, l’Etna e il percorso arabo normanno che congiunge Palermo a Cefalù. Altri due siti fanno parte di un elenco di candidati su cui nei prossimi giorni dovrà pronunciarsi la Commissione: si tratta di Taormina e Mozia. Senza nulla togliere alla località messinese, che pure meriterebbe un riconoscimento, è inutile dire che il nostro supporto incondizionato va proprio all’isola dello Stagnone, che per la sua storia e la sua collocazione rappresenta veramente un unicum in un contesto mozzafiato da un punto di vista paesaggistico. Per chi vive in questo territorio, così come per chi lo ha visitato per qualche giorno, lo Stagnone e Mozia sono già Patrimonio dell’Umanità. All’alba o al tramonto, d’estate o d’inverno, con i fenicotteri rosa o senza, poco cambia: si tratta di un tratto di terra e di mare che ha tutte le carte in regola per sbaragliare qualsiasi concorrenza. Nel tempo, non sempre questa causa è stata adeguatamente sostenuta, come spesso è avvenuto per tante cose che avremmo dovuto valorizzare e che sono state penalizzate da incuria, superficialità e dabbenaggine.

Ci auguriamo che il 2019 possa essere davvero l’anno buono, nella consapevolezza che un riconoscimento ufficiale da parte dell’Unesco potrebbe portare (com’è avvenuto nel recente passato nella Val di Noto) a un notevole incremento delle presenza turistiche, con importanti ricadute sull’economia locale. In un momento storico su cui pesa tremendamente, da queste parti, il tracollo dell’aeroporto “Vincenzo Florio” di Birgi, sceso sotto il mezzo milione di passeggeri l’anno, il bollino Unesco per Mozia potrebbe innescare processi virtuosi in grado di invertire la corrente della rassegnazione che spesso si infrange impetuosa sulle nostre coste. Magari potremmo anche invitare il buon Lino Banfi a tornare da queste parti a trent’anni dal commissario Lo Gatto (girato a Favignana), ora che è tornato a vestire i panni del commissario, ma per conto della Commissione Unesco, per volontà del governo gialloverde. E allora, per restare in ambito cinematografico, il pensiero va a un altro nume tutelare della commedia all’italiana, l’indimenticabile Nino Manfredi e a uno dei suoi motti di maggior successo popolare: “fusse che fusse la vorta bbona?!”…

Vincenzo Figlioli

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Tags: Lino BanfiMoziaUnesco