Da 16 anni faccio il giornalista a Marsala. Da subito ho cominciato a seguire la politica e ad entrare in contatto con i sindaci e gli assessori che si sono succeduti in quest’arco temporale. Qualcuno mi ha deluso, qualche altro l’ho apprezzato per la competenza o per la disponibilità. E poi c’è Giovanni Piazza, che nei miei ricordi ha sempre occupato un posto privilegiato e che ritengo uno dei migliori amministratori che la città abbia avuto.
Non lo conoscevo quando Renzo Carini lo nominò assessore nella primavera del 2008. Sapevo che era un apprezzato avvocato civilista e spesso lo vedevo frequentare gli appuntamenti culturali che la città offriva, ma non c’era mai stata occasione di parlare. Tuttavia, mi ci volle veramente poco per cominciare a stimarlo. La sua esperienza al Comune di Marsala durò lo spazio di un anno, ma fu oltremodo ricca e significativa. Nel giro di poche settimane diventò un prezioso punto di riferimento per tante persone e tante realtà dell’associazionismo, mostrando apertura e mancanza di pregiudizio. Proprio quello, probabilmente, fu l’anno in cui maggiormente mi dedicai all’organizzazione di eventi culturali con l’agenzia per cui lavoravo. Trovammo in lui un interlocutore attento e leale, capace, da titolare della delega alla cultura, di sostenere con forza i progetti in cui credeva (dal tributo per i dieci anni dalla scomparsa di De Andrè al 1° Festival del Giornalismo d’Inchiesta) e di mettere a disposizione le proprie competenze. Gli era stata assegnata anche una delega apparentemente secondaria, come quella all’immigrazione, che però seppe interpretare con grande sensibilità, valorizzando il Centro Sprar di Perino, promuovendo occasioni di incontro tra gli ospiti della struttura (con alcuni dei quali strinse anche rapporti personali di amicizia) e la comunità locale, portando i richiedenti asilo nelle scuole a raccontare le loro dolorose storie di guerre e persecuzioni e favorendo tante opportunità di integrazione.
In ogni sua scelta, c’era la percezione di uno spirito libero e politicamente laico tipico di chi intende la cosa pubblica come servizio e non come strumento per far carriera. E infatti dopo un anno di lavoro gli fu comunicato che il mutato scenario politico richiedeva la sua sostituzione con un altro assessore. Senza battere ciglio, lasciò il Municipio esattamente com’era entrato, da uomo libero, che era stato capace di farsi apprezzare come pochi altri nella storia recente della città.
Ci si sarebbe aspettati che da lì a qualche anno la politica si sarebbe ricordata di lui. Ma gli uomini liberi e non ricattabili sono spesso temuti come la peste dai leader dei vari schieramenti, che preferiscono di gran lunga persone facilmente controllabili. In quest’occasione me ne vengono in mente altri due, che come Giovanni Piazza ho avuto modo di apprezzare per correttezza e umanità: Vincenzo Savatteri ed Enrico Russo. Altri due figli di questa terra, andati via troppo presto. Da ognuno di loro ho imparato qualcosa che ogni giorno cerco di mettere a frutto nel lavoro e nella vita di relazione. Non mi abbandona però l’idea che persone del genere siano un dono troppo prezioso per una comunità come la nostra, già abbondantemente impoverita dall’emigrazione di troppi giovani di talento. Così come non mi abbandona l’idea che nel racconto corale del nostro tempo che ogni giorno si arricchisce di un nuovo capitolo, le pagine segnate a lutto siano diventate talmente tante da dover stimolare una riflessione condivisa.