… una risposta alla domanda dei Pooh si può trarre da quanto è accaduto venerdì sera in un locale in pieno centro a Marsala. La Polizia Municipale (sezione PG) “scortata” dai Carabinieri, si è presentata intorno alle ore 22 con l’autorizzazione della Procura a sequestrare gli strumenti alla band che aveva iniziato a suonare. Hanno detto, pare confusamente, che c’è una denuncia in corso. In seguito si saprà che c’è un esposto firmato da una trentina di residenti della zona in quanto già da tempo disturbati nella loro quiete da forti emissioni sonore provenienti dalle band che nelle ore serali del fine settimana in particolare, suonano nei vari locali. Sui Social si è scatenato davvero di tutto, chi difende i musicisti e chi li attacca. Non è semplice, a dire il vero, criticare un provvedimento giudiziale. Ma ho deciso di farlo per tanti motivi.
Gli Yasmin Brother, a cui hanno sequestrato gli strumenti musicali, erano formati per l’occasione, da due chitarre, una voce ed un clarinetto. Una formazione acustica che, se rispettosa del limite consentito dalla legge, è una condizione più che ottimale per un centro abitato. Ovviamente è l’Arpa l’ente deputato ad intervenire sulle emissioni acustiche non a richiesta dei privati ma solo a supporto tecnico degli enti pubblici preposti alle attività di controllo – in questo caso il Comune di Marsala – o a supporto tecnico dell’Autorità Giudiziaria. Ma l’Arpa venerdì sera non c’era nemmeno. Cosa dice la legge: il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore, stabiliti dal Dpcm del 1°marzo 1991, concretizza quanto indicato all’articolo 659 del Codice Penale “Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” in cui si prevede il sequestro degli impianti di diffusione della musica dei locali notturni che disturbano la quiete del quartiere. In merito ci sono anche diverse sentenze della Corte di Cassazione. Ora, ipotizzando che la musica superasse i decibel consentiti – circa 50 decibel si superano con il solo battito delle mani, va ricordato – la legge dice che vanno sequestrati gli impianti di diffusione, non gli strumenti musicali. Una chitarra elettrica ad esempio, non funzionerà mai senza un cavo collegato ad un amplificatore. Ritengo sia imbarazzante, in questo caso, l’ignoranza su una normativa che invece è lapalissiana e priva di interpretazione giuridica che ha dei precedenti da non tralasciare.
Altro fatto singolare: la stessa sera, allo stesso orario del sequestro a Portale Botteghe, pub sito accanto la Chiesa Madre (con cui convive pacificamente), un’altra band hard rock si esibiva in un altro locale del centro e non certo in formazione acustica. Lì non ci vivono “vecchietti” – termine usato sui Social dai difensori della quiete pubblica – disturbati dalla musica alta? Ci vuole anche coerenza nell’applicare la legge se, come campeggia nei tribunali, “è uguale per tutti”. Purtroppo mi accorgo che c’è tanta poca conoscenza della musica, del lavoro dei musicisti e dei titolari dei locali che già pagano lo scotto di un aeroporto, quello di Birgi, da un futuro ancora oggi incerto.
Quanto dovranno pagare ancora? Quanto dovranno pagare le future generazioni? Che prospettiva di lavoro hanno in una terra come la nostra, in un territorio in cui sono visti come “rei” e non come portatori di quella cultura musicale così bistrattata negli ultimi 25 anni in Italia? La mia solidarietà va ai musicisti che hanno subito questo atto che giudico grave, va a chi con perplessità guarda la vicenda preoccupato per il proprio lavoro, spesso l’unico che svolge. Spero in una risoluzione della vicenda da parte delle Autorità Giudiziarie e di un intervento dell’Amministrazione comunale, perchè è suo l’interesse a far incontrare tutte le parti per garantire una pacifica convivenza. Qui c’è gente che vuole continuare a far musica, a portare il pane a casa. Che si provi a dialogare.