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Lo spreco archeologico

In un mondo ideale, la passeggiata all’interno del Parco Archeologico di Marsala sarebbe una delle attrazioni che il mondo di invidierebbe. Esistono infatti pochi posti in cui, a un tiro di schioppo dal centro storico, convivano reperti storici di innegabile pregio e un’area che ha tutte le potenzialità per rappresentare un prezioso polmone verde per la città. A ciò si aggiunga la vicinanza a un lungomare che si presenta come un vero e proprio balcone verso le isole Egadi e un Museo che con il nuovo allestimento completato lo scorso anno è finalmente riuscito a valorizzare le sue principali attrazioni (su tutte, la Nave Punica e la Venere Callipigia). E, infine, il fascino della Chiesa di San Giovanni, in cui convivono pezzi diversi della storia lilybetana, sospesa tra il sacro e il profano.

Il mondo ideale, purtroppo, non esiste. E a volte risulta anche particolarmente lontano. Accade così che in una giornata in cui si programma l’iniziativa “Domenica al Parco”, volta a riattivare il rapporto tra il territorio e l’area archeologico nel suo complesso, un fruitore medio si renda conto delle condizioni imbarazzanti in cui si trovano gli spazi aperti. Entrando da viale Vittorio Veneto, chiuso e recintato a protezione del Decumano Massimo, si può ammirare quanto lo stesso Decumano Massimo sia oggetto di incuria e trascuratezza: domenica lo abbiamo visto sommerso da erbacce e sterpaglie, senza contare una lastra di eternit in bella vista a mimare (forse) una contaminazione d’avanguardia. Procedendo per il sentiero che conduce al Museo, non si può non notare la folta vegetazione, da cui si fa fatica a scorgere alcuni tra i più recenti ritrovamenti delle ultime campagne di scavi, tra cui i bagni pubblici romani e i resti di alcune vecchie fortificazioni. Poco curato anche il giardino che conduce al Museo, in cui spicca tra le altre cose, anche un lampione divelto.

Attorno, è tutto un brulicare di comprensibili proteste di chi per una mattina si è voluto riappropriare di uno spazio pubblico quantomai prezioso e che ritiene inaccettabile la gestione effettuata. “Che peccato…”, è il commento più ricorrente, “non cambierà mai niente…”, lamenta qualcun altro. Com’è noto, in tempi di crisi economica c’è da stringere la cinghia. E’ pur vero però (e lo abbiamo scritto spesso) che laddove le risorse diminuiscono si può far leva sulla creatività. Se i tempi cambiano (e le “vacche grasse” non ci sono più) dovranno cambiare anche le strategie.

Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato sulla nostra testata la lettera di un cittadino marsalese, Vito Reina, che propone al Comune di sottoscrivere un protocollo d’intesa per la gestione diretta dei siti archeologici, attivando partnership con associazioni e privati. Potrebbe essere un buon punto di partenza. In ogni caso, non è più tollerabile un così evidente spreco di bellezza a fronte di un mondo che gira a ben altre velocità.

Vincenzo Figlioli

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Tags: Parco Archeologico Lilybeo