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Da Crocetta a Musumeci

Sembra passata un’era geologica dalla vittoria di Nello Musumeci alle ultime regionali. Era il 4 novembre e il ritorno al governo della Regione sembrava poter cementare tanti rapporti che all’interno del centrodestra siciliano sembravano precari, dopo anni di contrasti e rivalità. Nel giro di pochi mesi, però, Nello Musumeci ha già perso per strada due assessori, il centrista Figuccia e l’eccentrico Vittorio Sgarbi. Contestualmente, ha dovuto anche prendere atto della precarietà della sua maggioranza sia da un punto di vista numerico che da un punto di vistra strategico, faticando non poco a fronteggiare l’attivismo di Gianfranco Miccichè. Inevitabile, dunque, l’apertura delle ultime ore alle opposizioni, chiamate alla responsabilità e a convergere su riforme condivise per poi, eventualmente, ridare la parola agli elettori. Di fatto, si sta rideterminando uno scenario molto simile a quello di 5 anni fa, dopo l’elezione di Rosario Crocetta. Anche allora l’elettorato siciliano aveva premiato un candidato di specchiata moralità che sembrava poter incarnare un’ideale discontinuità politica e programmatica rispetto all’immediato passato. Anche allora i partiti della coalizione sembrarono sostenere il presidente più per tornaconto elettorale che per reale convinzione e anche allora cominciarono a presentare il conto al nuovo governo poco dopo l’insediamento. Figuccia e Sgarbi, di fatto, sono durati più o meno quanto Zichichi e Battiato. Anche Crocetta, come Musumeci adesso, si appellò in più occasioni alle opposizioni per approvare alcune riforme considerate strutturali per rimettere in sesto i disastrati conti regionali, promettendo di dimettersi, piuttosto che restare cinque anni imbrigliato dai diktat dei partiti. L’ex sindaco di Gela, però, finì per contraddire se stesso, arrivando a concludere una legislatura avviata nel segno del dialogo con il Movimento 5 Stelle (tanto da far parlare la stampa nazionale di “modello Sicilia”) con ripetuti rimpasti di giunta che hanno spostato l’asse della sua maggioranza sempre più a destra. La cosa peggiore che potrebbe fare Musumeci è ripetere pedissequamente questo schema, condannando la Sicilia al più disastroso dei naufragi, buono solo ad allungare di cinque anni la vita (politica) a un’Assemblea regionale che già oggi, in caso di ritorno alle urne, avrebbe un profilo sensibilmente diverso rispetto a quello di 5 mesi fa.

Vincenzo Figlioli

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