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Nelle mani di un siciliano

Manca poco all’insediamento del nuovo Parlamento. Dal 5 marzo in poi si è parlato tanto, forse troppo, del governo che verrà e dei partiti che ne faranno parte. Ma lo scherma partorito da una legge elettorale politicamente criminale ha restituito uno scenario che somiglia più a un rompicapo che a un verdetto popolare. L’unico elemento di serenità a cui affidarsi è dato dalla presenza al Quirinale di un Presidente di grande equilibrio e rigore morale. Sergio Mattarella rappresenta il meglio di una cultura politica che nel cattolicesimo sociale ha fatto convergere molti tra i nomi migliori della classe dirigente italiana. Un uomo al di sopra di ogni sospetto che ha il buon senso e l’autorevolezza necessaria per garantire soluzioni adeguate al momento storico e politico che stiamo vivendo. Mattarella sa bene che il rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni è ai minimi termini e che non è possibile sbagliare. E’ verosimile che chieda a tutte le parti in causa un contributo a un governo comune, che cancelli il “Rosatellum” e restituisca una legge elettorale che consenta tra qualche mese di tornare al voto con la possibilità che qualcuno vinca davvero e possa governare il Paese per i successivi cinque anni. Lo sproloquio post elettorale di Matteo Renzi, quantomai intempestivo, è roba da capotifoso da stadio, buona a compiacere i fedelissimi e i più agguerriti tra gli ultras, ma assolutamente inadeguata per un leader politico che per anni ha avuto la fiducia di milioni di cittadini. Risulta pertanto quantomai condivisibile quanto ha scritto in questi giorni il penalista marsalese Paolo Paladino, che ha inviato alla nostra redazione una lettera lucida e accorata in cui, da uomo di centrosinistra, auspica un confronto tra il Pd e il M5S. Suscita invece una certa tenerezza il trasporto con cui tanti simpatizzanti “dem” hanno in queste ore lanciato l’ormai famoso hashtah #senzadinoi, mostrando poco rispetto per Mattarella e per gli italiani che hanno il diritto di essere governati. Chiariamoci: il Pd non è obbligato ad andare al governo con il M5S, così come i pentastellati avrebbero fatto bene ad esercitare il proprio ruolo di opposizione con una maggiore onestà intellettuale nella scorsa legislatura. Ma sarebbe da vigliacchi, da parte dei dirigenti del Pd, pensare oggi di approfittare dell’impossibilità degli avversari di formare un governo per sperare di prendere qualche seggio in più alle prossime elezioni. Un errore che cinque anni fa fu commesso dai pentastellati di fronte all’accorato appello di Pierluigi Bersani e che non può essere ripetuto. Per fortuna il tempo delle chiacchiere e degli slogan da stadio sembra ormai agli sgoccioli e la palla sta per passare a Sergio Mattarella. I suoi capelli bianchi, il suo sguardo da siciliano perbene, il suo senso delle istituzioni sono la migliore garanzia su cui l’Italia può contare in uno dei momenti più delicati della sua storia recente.

Vincenzo Figlioli

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