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Qualcuno era renziano

Sarà interessante capire cosa accadrà nelle prossime settimane in seno al Pd siciliano. Se sul piano nazionale la campagna elettorale referendaria si è trasformata in una resa dei conti tra i fedelissimi di Renzi e “gli altri”, in Sicilia – come sempre – lo scenario appare ancora più complesso. Così, per dirla con Gaber, qualcuno (come Davide Faraone) era renziano della prima ora, perchè aveva scommesso sull’ex sindaco di Firenze in tempi non sospetti e lo ha seguito “senza se e senza ma” in tutti i passaggi politici di cui è stato in questi anni protagonista; qualcuno (come Baldo Gucciardi) era renziano “della seconda ora”, perchè dopo averlo guardato inizialmente con diffidenza ha cominciato a sostenerlo dopo il fallimento di Bersani e le primarie che lo hanno visto prevalere su Gianni Cuperlo e Pippo Civati; qualcuno, (come Mirello Crisafulli o Rosario Crocetta), era renziano “della terza ora”, perchè in attesa della ricreazione si è associato alla carovana referendaria del premier (ora dimissionario), per puro calcolo strategico o perchè riteneva di non poterne fare a meno.

Dalle dichiarazioni rilasciate all’indomani della chiusura delle urne, appare chiaro che qualche tentativo di smarcamento da Renzi da parte dei seguaci della seconda e della terza ora sia già in atto: immediate le critiche alla “personalizzazione” del referendum imposta da Renzi e, naturalmente, alle strategie di Davide Faraone, destinato a diventare il principale capro espiatorio in vista delle regionali del 2017. Chiaramente, si rendono conto che Renzi potrebbe restare in campo ancora un po’. E allora, si muovono comunque con cautela, prendendo le distanze dalla campagna referendaria, ma non dai 1000 giorni al governo. Detto brutalmente: non vedono l’ora di gettare la maschera e smetterla di far finta di essere renziani, ma si rendono conto che i tempi non sono ancora maturi per farlo. Tra loro, si sono inseriti anche quei transfughi del centrodestra passati al centrosinistra (come Paolo Ruggirello) che con l’atteggiamento tipico dei giocatori di poker cercano di camuffare i propri bluff.

Tuttavia, nello scenario democratico in salsa sicula non c’erano solo i sostenitori (veri o presunti) del sì. E’ infatti corretto citare anche quelli che renziani non sono mai stati: hanno fatto campagna elettorale per il “no”, nel solco tracciato dalla minoranza “dem” e adesso che si rendono conto di essere sopravvissuti alla “rottamazione” tifano per l’estromissione di Renzi e il ritorno di Bersani (magari attraverso l’incoronazione di Roberto Speranza). Tendenzialmente non hanno mai amato neanche Crocetta, si sono rassegnati alla sconfitta alle prossime regionali e rispolverando i “pensieri lunghi” predicati da Berlinguer stanno già immaginando di costruire qualcosa, dopo la probabile vittoria del Movimento 5 Stelle in Sicilia. Loro, almeno, non hanno maschere da gettare, ma prima che l’avvento del renzismo li emarginasse dalle stanze dei bottoni, ne avevano combinate di tutti i colori, navigando costantemente tra inconcludenza e irrilevanza.

Comunque vada, l’impressione è che il Pd siciliano stia per andare incontro a una nuova, sanguinosa conta interna, destinata a celebrare inevitabili rotture e improvvise alleanze. Ogni tempo ai suoi leader, si sa: purtroppo, per i democratici siciliani, non è il tempo di Pio La Torre o Piersanti Mattarella, ma di Lupo, Raciti e Faraone.

Vincenzo Figlioli

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