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Al di là delle Paraolimpiadi

Si sono concluse a Rio de Janeiro le Paraolimpiadi. Una competizione ormai cresciuta negli anni che sta contribuendo in maniera importante a cambiare l’immaginario collettivo rispetto alla disabilità. In queste settimane l’Italia si è esaltata ed emozionata per le imprese dei suoi atleti “speciali”, da Alex Zanardi ad Assunta Legnante, fino alle ultime medaglie conquistate domenica da Martina Caironi, Monica Contraffatto e Arjola Trimi.

Dietro ogni trionfo, una storia fatta di sofferenza, ma soprattutto di coraggio e determinazione. E, per qualche giorno, l’atteggiamento di “pietas” che spesso accompagna le conversazioni in merito alla diversità ha lasciato spazio all’ammirazione per chi ha saputo interpretare la propria vita senza lasciarsi abbattere dagli handicap o dalle difficoltà. Ma è proprio adesso che i giochi si sono conclusi, che occorre ripromettersi di non disperdere il ricordo e le emozioni di quello che abbiamo visto in queste settimane. Perchè per ogni storia a lieto fine ce ne sono mille altre che restano lontane dai riflettori e che raccontano altre imprese quotidiane, di cui i media raccontano poco.

Esiste la disabilità degli atleti che superano i propri limiti con la maglia azzurra o tricolore e quella, molto più ricorrente, di quanti popolano le nostre città come se fossero invisibili. Non li vediamo noi, che distogliamo lo sguardo quando li incrociamo, quasi avessimo paura che ci chiedessero di rallentare nel perenne inseguimento che caratterizza le nostre giornate. Non li vediamo quando parcheggiamo le nostre auto nelle aree di sosta riservata ai disabili o quando occupiamo i loro posti sugli autobus. A volte fanno fatica a vederli e ad accettarli persino i familiari, mentre spesso, purtroppo, non li hanno visti i rappresentanti delle istituzioni, che con grande ritardo hanno adeguato le nostre strade e i marciapiedi al transito delle sedie a rotelle o alla necessità di prevedere impianti semaforici con i segnali acustici per non vedenti.

Se le emozioni hanno un senso, dunque, abbiamo il dovere di continuare coltivare il ricordo di quelle che abbiamo provato durante le Paraolimpiadi. Non risolveremo i problemi del mondo, ma passa anche da qui la strada che conduce verso una società più civile.

Vincenzo Figlioli

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