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La gogna pubblica

Ci sono modi diversi di fare giornalismo. Ognuno ha il suo stile e il pluralismo informativo va salvaguardato per offrire ai lettori la possibilità di farsi un’idea su una notizia, in modo da avvicinarsi quanto più possibile alla verità dei fatti. Il giornalismo, però, si nutre anche di regole deontologiche. E in un momento in cui il web e i social hanno trasformato la società in un esercito di costruttori di contenuti informativi, cronisti e direttori hanno il dovere di ricordare che questo lavoro non si fa assecondando la “pancia dei lettori” per aumentare i propri click o per vendere qualche copia in più. A vedere l’ultima uscita del settimanale “S”, abbiamo l’impressione che qualcuno lo abbia dimenticato.

Abbiamo scritto anche noi della vicenda che vede coinvolto l’infermiere marsalese Maurizio Spanò, accusato di aver abusato di alcuni pazienti in stato di incoscienza presso lo studio medico con cui collaborava. Si tratta di una storia che, se confermata, sarebbe a dir poco raccapricciante e che sta comprensibilmente turbando i sonni di tante donne e tanti uomini che si sono recati presso il suddetto ambulatorio convinti di doversi sottoporre solo a visite e esami medici. Sbattere in prima pagina il volto dell’indagato, come ha fatto “S”, riempendo di locandine giganti le edicole di Marsala avrà sicuramente fatto vendere qualche copia in più al settimanale diretto da Antonio Condorelli, ma a nostro avviso, così si finisce per rispondere a una presunta ingiustizia con un’ingiustizia palese, che si pone in contrasto con i principi cardine del codice deontologico a cui ogni testata dovrebbe attenersi. Rispetto all’utilizzo delle foto degli indagati – come nel caso di Spanò – occorre infatti ricordare che tutti noi siamo tenuti ad “acquisire, e successivamente utilizzare, tali immagini in modo lecito e secondo correttezza, nonché di diffondere le stesse secondo la dovuta valutazione in ordine alla loro essenzialità, pertinenza e non eccedenza riguardo alla notizia riferita”. E proprio quest’ultimo punto, relativo alla “non eccedenza”, a nostro parere è stato ampiamente superato. Non si ravvisano infatti elementi che possano far pensare a un “prevalente interesse pubblico” nella decisione di pubblicare la foto in questione, tenuto conto che l’accusato è stato sospeso dall’esercizio delle proprie funzioni e che si trova agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.

Al di là dei nostri umani sentimenti di raccapriccio di fronte a vicende che appaiono più scioccanti di altre, è pur sempre alle aule dei tribunali che dobbiamo affidare l’accertamento della verità. Lì ci auguriamo che venga fatta piena luce sui fatti qui contestati, come in ogni procedimento giudiziario. La gogna pubblica è un vecchio arnese del medioevo di cui fortunatamente ci siamo liberati. Il ruolo di un giornale, poi, è diverso da quello di un tribunale: prevede il racconto dei fatti, l’approfondimento, il commento, in certi casi anche la denuncia e la sensibilizzazione. Ma mai l’istigazione al linciaggio.

Vincenzo Figlioli

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