Quesito: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”. Risposta: sì. Almeno, per quanto ci riguarda. Un semplice, incontrovertibile monosillabo per dire come la pensiamo rispetto al referendum che vedrà gli italiani tornare alle urne il prossimo 17 aprile per dare un’indicazione sulle trivellazioni nei nostri mari.
Da anni scriviamo sulle nostre testate che più si lascia campo libero ai professionisti delle trivelle, più si mettono a rischio settori nevralgici della nostra economia: dal turismo, alla marineria. Abbiamo parlato di quanto gli air gun siano nocivi per le specie ittiche e di come l’eventuale fuoriuscita di petrolio in mare possa recare danni anche maggiori rispetto a quelli verificatisi nel Golfo del Messico alcuni anni fa, tenendo conto che il Mediterraneo è un bacino molto più chiuso. E abbiamo dimostrato, numeri alla mano, che i denari provenienti dalle royalties non sono minimamente sufficienti per ammortizzare un eventuale danno ambientale. Non ne abbiamo mai fatto una questione territoriale: non abbiamo mai scritto “non toccate lo Stagnone, ma fate quel che vi pare alle Cicladi”, perché abbiamo la piena consapevolezza di quanto la nostra idea di futuro sia strettamente legata a quella di tutti i Paesi costieri del Mare Nostrum.
Proprio per questo, oggi, sentiamo il dovere di esporre con chiarezza la nostra posizione, come abbiamo già fatto alcuni giorni fa a chi ci ha proposto di far parte del coordinamento referendario, istituito dal circolo di Legambiente assieme al presidio “Vito Pipitone” di Libera, la Cgil, il periodico “Il Vomere”, il Psi e il movimento “Cambiamo Marsala”.
L’eventuale vittoria del sì comporterebbe, in caso di raggiungimento del quorum, l’abrogazione dell’articolo 6 comma 17 del Codice ambientale, nel quale è consentita la durata delle trivellazioni fino a che il giacimento “lo consenta”. Sappiamo bene che una vittoria referendaria, limitata a questo quesito, non cancellerebbe con un colpo di spugna i rischi di disastri ambientali per i nostri mari. Ma siamo convinti che sarebbe un primo passo, un indirizzo chiaro per una diversa idea di sostenibilità su cui fondare il futuro del Mediterraneo.