Sugli allarmismi, le finte notizie e i link “acchiappaclick” che animano i social network tanto si è scritto e si è detto in questi anni. C’è sempre, però, qualche caso che finisce per rinnovare la curiosità con cui ci si sofferma su argomenti del genere. E nell’ultima settimana, dalle nostre parti, se ne sono verificati almeno un paio.
Il primo riguarda l’apertura di un fantomatico punto vendita di Zara a Marsala. L’altro, la segnalazione del presunto maltrattamento di un cane da parte di una famiglia lilibetana.
Andiamo con ordine.
Anticipata attraverso il profilo Facebook Zara Marsala, è giunta notizia dell’apertura di un punto vendita della notissima multinazionale d’origine iberica, diventata un punto di riferimento per le giovani donne di tutto il mondo (e in buona misura anche per gli uomini). Ecco il messaggio, pubblicato il 29 ottobre, alle 12.58: “Per me è una grande gioia scrivere finalmente questo post;
Alle 17.02 della stessa giornata un secondo post: “Abbiamo ricevuto moltissimi messaggi in cui chiedevate se cercavamo personale, purtroppo il personale è già al completo e le assunzioni non le facciamo direttamente noi. Risponderemo a tutti il prima possibile”.
Ben conoscendo le logiche del web, per qualche istante siamo stati tentati di scrivere un articolo in cui si comunicava la notizia dell’apertura di Zara a Marsala. Un articolo così, in pochi minuti, sarebbe diventato virale. Tuttavia, siamo ben consapevoli che anche il giornalismo digitale non deve mai rinunciare al rispetto di una delle regole principali di questa professione: la verifica delle fonti. Ci siamo quindi attivati con i nostri contatti per scoprire, nel giro di qualche ora, che si trattava di una notizia falsa. Non risulta allo stato attuale alcuna apertura di uno store di Zara a Marsala. Tanto meno a dicembre. Ma giusto per cancellare ogni dubbio, abbiamo deciso di contattare direttamente Zara. E la smentita è stata categorica: non è in programma alcuna nuova attività nel trapanese. I nostri interlocutori si sono inoltre detti profondamente dispiaciuti per la vicenda del profilo fake, chiarendo che in caso di novità si affiderebbero ai canali di comunicazione ufficiali. La smentita, lo immaginiamo, farà cadere nello sconforto quanti avrebbero volentieri piantato le tende davanti al punto vendita marsalese per rinnovare il guardaroba. Ma, per quanto ci riguarda, era dovuta. Altra cosa è capire se si sia trattato della trovata di un gruppo di amici che voleva farsi qualche risata o se siamo di fronte ad una macchinazione più complessa, volta ad alterare gli equilibri di mercato. Al momento, non siamo in grado di rispondere.
Passiamo al secondo caso.
Lo scorso 27 ottobre, una donna pubblica un video su Facebook in cui si vede un cane su un terrazzo, accompagnato da questo post: “Urgente…non si puo far finta di niente…ho girato questo video oggi…questo terrazzo si trova su un palazzo di circa 4 piani…il povero animale non si regge quasi in piedi…si trova di fronte al tribunale di marsala…se qualcuno sa come posso fare…datemi un numero che possa liberarlo…grazie…vi prego stavolta non soffermatevi sui miei post che parlano d’altro…ma su questo…ha bisogno di tutti noi…”.
La tutela degli animali, si sa, è un tema sensibile e sui social è tra quelli che suscita le maggiori mobilitazioni. Così, in men che non si dica, la segnalazione arriva alla delegazione locale di un’associazione che si occupa di protezione animali, la cui referente decide di presentare una denuncia nei confronti dei proprietari del cane, in cui li si accusa di maltrattamenti, di tenerlo in condizioni pietose, “presumibilmente senza acqua, senza cibo e senza riparo”. La denuncia, pubblicata anche su Facebook, è corredata dall’indirizzo dei proprietari (numero civico compreso), che diventa così accessibile a tutti. Anche qui, centinaia di condivisioni, la notizia si diffonde e trova eco varie parti d’Italia, con commenti di vario genere e sollecitazioni per l’intervento delle forze dell’ordine.
Risultato? Intorno alle 17, i “genitori” di Free (questo il nome del cane) ricevono la visita dei vigili urbani di Marsala presso la propria abitazione. Viene condotta una verifica sulle condizioni in cui viene tenuto l’animale e si constata che ha 17 anni e la vecchiaia lo ha reso cieco, sordo e sofferente per l’artrosi. Vive dividendo le sue giornate tra l’appartamento di famiglia e il terrazzo sovrastante, dove ha accesso a un riparo e viene rifornito costantemente di cibo e acqua. L’unica infrazione riscontrata è l’assenza del microchip. I vigili urbani stendono il loro verbale, si scusano per il disturbo e vanno via. Facebook ha comunque innescato un meccanismo difficile da fermare e le segnalazioni continuano. Così, a mezzanotte, la famiglia di Free riceve un’altra visita: questa volta sono i Vigili del Fuoco. Altro sopralluogo e la constatazione di una situazione assolutamente non anomala. Venerdì arriva anche la visita di un veterinario, inviato per prassi dai vigili urbani. Il professionista effettua i controlli di rito, esamina tutti i certificati sanitari e alla fine se ne va commentando: “Fossero curate così le persone…”. Poco per volta, si sparge la voce anche sui social che il cane del video sopra menzionato è in buone condizioni e che i proprietari lo accudiscono costantemente senza fargli mai mancare affetto e cura. Si fermano i commenti, qualcuno si scusa, qualcun altro si fa delle domande sulla genesi di questa vicenda.
Ma l’animale è anziano e acciaccato di suo. Così, ieri pomeriggio, la famiglia comunica, sempre attraverso i social, che dopo una brutta nottata Free ha lasciato l’affetto dei suoi cari, che concludono con la notizia più triste il racconto di una settimana a dir poco turbolenta.
Si tratta di due storie molto diverse tra loro, ma che ancora una volta testimoniano il ruolo, spesso dirompente, che i social network hanno assunto sia in ambito globale, che nella vita quotidiana delle piccole comunità. Non saremo noi a demonizzarli: Facebook, Twitter, Instagram, Linkedin, Pinterest e via dicendo sono strumenti potenzialmente utilissimi per scambiarsi informazioni, acquisire segnalazioni, mantenere i contatti e entrare in relazione con un numero di persone a cui difficilmente si sarebbe potuti arrivare in precedenza.
Come al solito, però, anche il migliore dei mezzi può scatenare meccanismi perversi nei casi in cui si consumino eccessi o lo si utilizzi in modo scriteriato. Ci auguriamo che raccontare vicende di questo genere possa aiutare tutti noi ad avere un approccio più misurato e consapevole con quello che leggiamo e che pubblichiamo sui social. E’ importante per la serenità generale, ma anche per il rispetto di quella preziosa utopia per cui tanti tra noi hanno cominciato a fare questo mestiere e che prende il nome di “amore per la verità”.